da "Quaderni di Voronez" dal terzo quaderno 1937
Versi sul milite ignoto
Lo testimoni quest'aria,
il suo cuore a lunga gittata,
e nelle trincee attivo e onnivoro
oceano senza finestra - sostanza...
Quelle stelle così pronte a calunniare!
Sempre a scrutare - perché?
la condanna del giudice e del testimone,
l'oceano senza finestra, sostanza.
Cupo seminatore la pioggia ricorda -
anonima sua manna -
come boschi di crocette segnavano
l'oceano o il cuneo di guerra.
Saranno uomini deboli, freddi
a uccidere, a sentire fame e freddo -
e giace nella sua tomba celebrata
il milite ignoto.
Debole rondine che hai disimparato
a volare, insegnami
come aver ragione di questa bara
d'aria, senza timone e ali.
E per Michail Lermontov
ti renderò preciso rapporto
su come la bara insegna al gobbo
e una fossa d'aria attrae.
Con acini d'uva in movimento
ci minacciano questi mondi
e stanno sospesi come città razziate,
lapsus dorati, delazioni,
bacche di gelo tossico -
le tende elastiche delle costellazioni,
i grassi dorati delle costellazioni...
Nell'etere contato a cifre decimali
la luce delle velocità polverizzate in raggio
dà inizio al numero, trasparente
per il dolore luminoso e il tarlo degli zeri.
E dietro il campo dei campi un nuovo
campo vola, gru in triangolo,
vola come nuova veste polverosa di luce la notizia
e viene luce dalla battaglia di ieri.
Vola come nuova veste polverosa di luce la notizia:
- non sono Lipsia, non sono Waterloo,
non sono la Battaglia delle Nazioni, sono il nuovo,
e da me verrà luce al mondo.
Intruglio arabo, tritume,
luce delle velocità polverizzate in raggio,
e con le sue suole oblique
sta il raggio sulla mia retina.
Milioni di morti ammazzati a poco prezzo
hanno aperto un sentiero nel vuoto -
buonanotte! molti auguri
da parte delle fortezze interrate!
Incorruttibile cielo di trincea -
cielo di morti all'ingrosso -
dietro a te, lontano da te, tutto intero,
corro con le labbra nel buio -
oltre i crateri, le frane e i terrapieni
lungo i quali indugiava e intenebrava:
va cupo, umiliato e butterato
il genio delle tombe sfondate.
Muore bene la fanteria
e bene canta il coro della notte
sul sorriso camuso di Svejk
e sulla lancia da uccello di Don Chisciotte
e sul metatarso da uccello del cavaliere.
E si fa l'amico dell'uomo lo sciancato -
per entrambi ci sarà lavoro,
e picchia alla periferia del secolo
la famigliola delle grucce di legno -
ehi, compagni, globo terrestre!
Forse per questo il cranio deve svilupparsi
in tutta la fronte - da tempia a tempia -
perché nelle sue orbite care
non possano non infilarsi gli eserciti?
Per la vita il cranio si sviluppa
in tutta la fronte - da tempia a tempia -
stuzzica se stesso con la nettezza delle sue suture,
cupola che intende si rischiara,
schiuma pensiero, sogna se stesso -
calice dei calici e patria alla patria,
cuffietta ricamata di impunture di stelle,
cuffia della felicità - padre di Shakespeare...
Appena appena rosse si affrettano a casa
la chiarezza del frassino, la vista acuta dell'acero bianco,
come se di tramortimenti stivassero
i due cieli col loro pallido fuoco.
Ci unisce solo ciò che eccede,
non abbiamo davanti il baratro, ma il metro,
e lottare per un aria di sussistenza -
questa gloria non è d'esempio agli altri.
E stivandomi la coscienza
di una vita semitramortita
senza scelta mi bevo questa broda,
mangio la mia testa sotto il fuoco?
Per questo è preparata la tara
di incantamento nello spazio vuoto,
perché le stelle bianche appena appena rosse
si affrettino a tornare a casa?
Lo senti, matrigna dell'accampamento stellare,
notte, cosa sarà ora e dopo?
Affluisce il sangue alle aorte
e nelle file risuona un bisbiglio:
- sono nato nel novantaquattro,
sono nato nel novantadue...
Stringendo in pugno il logoro anno
di nascita - con una folla, nel branco,
bisbiglio con la bocca esangue:
sono nato la notte fra il due e il tre
gennaio dell'infelice anno
novantuno - e i secoli
mi circondano di fuoco.
Osip Mandel'stam 1891- 1938