Simon J. Ortiz 1941
Fame a New York
La fame ti penetra strisciando
da qualche punto dei muscoli
o del cemento o della terra
o del vento che ti sospinge.
Viene da te, chiedendo
cibo, parole, saggezza, ricordi giovanili
di luoghi dove hai mangiato, bevuto acqua fresca di fonte,
o stretto la mano a qualcuno,
o dello spazio dedicato a lente danze aggraziate,
a canti, a dei potenti, al mondo
conosciuto.
E’ così la fame ti assale.
Ti chiede sempre,
come stai figliolo? Dove sei?
Ti sei nutrito bene?
Hai fatto quanto ci si attende da te
quale appartenente al nostro popolo?
E’ il cemento di questa città,
il vento appiccicoso, le vetrine luccicanti,
le stridule urla dell’automazione, non possono,
veramente non possono, dare risposta a quella fame,
benché io abbia sinceramente e onestamente
desiderato di ricevere
da loro nutrimento.
Ho quindi cantato lentamente a me stesso:
mi nutro
dell’umile presenza
di tutto quanto mi circonda;
mi nutro
della tua anima, madre terra;
rendimi calmo e umile.
Benedicimi.


