lunedì 31 agosto 2020

W. Majakovskij...


                                            -  90 anni -
Intronando l'universo con la mia voce possente
avanzo - bello,
ventiduenne.

Vladimir Majakovskij  1893 - 1930




Borìs Pasternàk

Morte d'un poeta

Non ci credevano, pensavano: fandonie,
ma lo apprendevano da due, da tre, da tutti.
Si mettevano a fianco nella riga
del suo tempo fermatosi di botto
case di mogli di impiegati e di mercanti,
cortili ed alberi sui quali
i corvi, nel fumo d'un sole rovente,
urlavano eccitati contro le cornacchie,
perché le stolte d'ora innanzi non ficcassero
il naso nel peccato, alla malora.
Ma c'era sui volti un umido spostamento
come fra le pieghe d'una strappata vangaiuola.

Era un giorno, un innocuo giorno, più innocuo
d'una decina di precedenti giorni tuoi.
Si affollavano, allineandosi nell'anticamera,
come se lo sparo li avesse allineati.
Come se avesse, schiacciandoli,schizzati da una chiavica
lucci e scardove una deflagrazione
di petardi riposti fra i biodi.
Come un sospiro di strati micidiali.

Tu dormivi, spianato il letto sulla maldicenza,
dormivi e, cessato ogni palpito, eri placido, -
bello, ventiduenne,
come aveva predetto il tuo tetrattico.

Tu dormivi, stringendo al cuscino la guancia,
dormivi a piene gambe, a pieni malleoli,
inserendoti ancora una volta di colpo
nella schiera delle leggende giovani.

Tu ti inseristi in esse più sensibilmente,
perché le avevi raggiunte d'un balzo.
Il tuo sparo fu simile a un Etna
in un pianoro di codardi e di codarde.




martedì 25 agosto 2020

B. Pasternàk...


Le onde


Qui sarà tutto: ciò che ho vissuto
e ciò di cui ancora vivo,
le mie aspirazioni e i principi,
e quello che ho visto in realtà.

Dinanzi a me le onde del mare.
Sono molte.Se ne perde il conto.
Sono un nugolo. Mugghiano in minore.
La risacca le cuoce come cialde.

Tutta la riva sembra calpestata dal bestiame.
Sono un nugolo, le ha fatte uscire il firmamento.
Come una mandria le ha mandate al pascolo
e s'è disteso dietro il poggio sul ventre.

Come una mandria, arrotolandosi in cartocci,
con tutto lo slancio della mia malinconia
corrono verso di me le mie azioni,
le creste di ciò che ho provato.

Sono un nugolo, senza numero né calcolo,
il loro senso non è ancora pieno,
ma tutto è coperto dal loro succedersi,
come il canto del mare dalla spuma delle onde.

Qui sarà una contesa di vivi valori,
e la loro lotta ed il loro tramonto,
e ciò che dona la zona torrida
e ciò di cui la temperata è ricca.

E nel litigio delle qualità che lottano
col suo primato occuperà una strofa
per la propria veggenza straordinaria
l'immensa riva di Kobuléti.

La quale abbraccia come un poeta nel lavoro
ciò che in vita è visibile a due isolatamente:
ad uno estremo la notturna Poti,
all'altro Batùmi che albeggia.

L'immensa spiaggia di otto verste
che può placare, tanto è onniveggente,
come una stravaganza passeggiera
qualunque cosa con cui tu vi scenda.

L'immensa spiaggia di nude cornacchie
che rimira tutto senza veli
e l'orizzonte non chiuso da lastre di vetro,
acuto come il cristallino dell'occhio.

Ho voglia di andarmene a casa, nell'immensità
dell'appartamento che infonde mestizia.
Entrerò, mi toglierò il pastrano, tornando in me stesso,
sarò illuminato dai fuochi delle vie.

Le costole sottili dei tramezzi
attraverserò da parte a parte, attraverserò come la luce.
Come una forma penetra nell'altra,
come un oggetto taglia un'altro oggetto.

L'assiduità perpetua del mio compito,
che preme dalla prigionia dei giorni,
si chiami pure vita sedentaria:
anche se è tale, per essa io sospiro.

Di nuovo d'un motivo  conosciuto
avranno odore le casa.
A destra e a sinistra di nuovo
verrà a far da padrone l'inverno.

Di nuovo nel passeggio verso il pranzo
scenderà un buio da incutere sgomento.
Di nuovo insegnerà alle stradicciuole
a tenere gli occhi bene aperti.

Di nuovo fioccheranno offe dal cielo,
di nuovo coprirà al mattino il turbine
decine di tremule in fila
col panno di mucchi di neve.

Di nuovo col muscolo esausto del cuore
sentirò, aggiungendo le parole,
come tu strisci e come esali fumo,
come ti innalzi e ti edifichi, Mosca.

Ed io ti prenderò come un finimento
in nome delle future pazzie,
perchè tu come un verso mi imparerai,
come un fatto vissuto mi terrai nella mente.

Qui sarà la tranquilla apparenza dei monti;
l'inganno del silenzio: un rimbombo nel fosso;
la loro quiete: l'impacciata, brusca
agitazione dei primi convegni.

Albeggiava. Dietro Vladikavkàz
nereggiava qualcosa. Pesanti
passavano le nubi. Non fu giorno d'un tratto.
Albeggiava, ma non si fece giorno.

Per un sei verste si sentiva il peso
dell'avvolgente altezza delle tenebre,
sebbene taluni, prendendo baldanza,
cercassero di rovesciare il giogo.

Di là giungeva come il soffio di un sogno.
Quasi caldaia cementata in un forno,
pentola d'un piatto avvelenato,
nell'interno fumava il Dagestàn.

Verso di noi rotolava le cime
e, tutto nero dalla testa ai piedi,
era impaziente di accoglier la macchina
non coi pugnali, ma sotto la pioggia.

Nelle montagne la faccenda si imbrogliava.
E lunghissime schiere di giganti,
feroci e belli l'uno più dell'altro,
serravano l'uscita dalle valli.

Chiamate ciò come vi pare, ma il bosco,
che aveva all'intorno coperto ogni cosa
scorreva come lo sviluppo di un racconto
ed era conscio del proprio interesse.

Non avvinceva con la fauna dei fagiani,
col contegno fiabesco delle rocce:
esso stesso incantava come una descrizione,
conosceva qualcosa e la riferiva.

Esso stesso narrava della prigionia
delle cose introdotte non per un'ora.
Spaziava come un rapporto delle generazioni
che avevano servito cent'anni prima di noi.

Passavano i giorni, passavano le nubi, sonavano la diana,
sellavano i cavalli, balzando dai canapè,
e via sui monti per i boschetti dei contrafforti,
e fuori dai boschetti, come questa strada.

E centinaia di nuovi dietro a quelli,
nugoli di servi e impiegati zelanti.
Nugoli di esiliati: nomi e famiglie,
stirpe dopo stirpe, a passo a passo.

Un anno dietro l'altro, una tribù dietro la stirpe,
verso i monti nebbiosi, verso i monti adeguati
alle donne velate dell'hàrem,
stirpe dietro stirpe, a palmo a palmo.

La guerra non è una fiaba su Ivàn
e noi non vogliamo indorarla.
L'aspetto bestiale della conquista
fu reso da Lèrmontov e da Tolstòj.


Boris Pasternàk      1890 - 1960


venerdì 21 agosto 2020

Numeri...


- Numeri ricchi -                    


Secondo il rapporto Oxfam in Italia nel secondo quadrimestre del 2019 il 20% più ricco possiede il 69,8% della ricchezza nazionale, il 20% successivo il 16,9%, il 40% successivo il 12%. Il 20% più povero l'1,3%.

lunedì 17 agosto 2020

J. Rodolfo Wilcock...



Fatti vedere nella tua nudità



Fatti vedere nella tua nudità,
il mondo ha questo bisogno di bellezza
per diradare i pensieri cattivi
che sono sempre dei pensieri vestiti,
rendi visibile la sublimità
senza badare se desta scalpore:
non cadrà il firmamento quando cadranno
le tue mutande e la tua camicetta,
soltanto nei paesi freddi gli dei
portavano questi indumenti. Poi,
in questo Olimpo da te scelto a dimora
con tutt'e e nove i colli dell'Urbe ai piedi
verrà eretto un palazzo pieno di specchi
e in ogni specchio una tua immagine riflessa,
e lì terranno le cerimonie di Stato,
i congressi, gli esami di maturità,
alla presenza della verità nuda.


J. Rodolfo Wilcock    1919 - 1978

lunedì 10 agosto 2020

E. Fried...



Leggere poesie

Chi
da una poesia
si aspetta la salvezza
dovrebbe piuttosto
imparare
a leggere poesie

Chi
da una poesia
non aspetta alcuna salvezza
dovrebbe piuttosto
imparare
a leggere poesie


Erich Fried  1921 - 1988

domenica 2 agosto 2020

2 Agosto 1980... ITALIA


                                              
                                           - 2 Agosto 2020 -




- Andrea Pazienza -