venerdì 26 dicembre 2014

Pier Paolo Pasolini................Profezie...1975

Tutti sanno che gli "sfruttatori" quando ( attraverso gli "sfruttati" ) producono merce producono in realtà umanità ( rapporti sociali ).
Gli "sfruttatori" della seconda rivoluzione industriale ( chiamata altrimenti consumismo: cioé grande quantità, beni superflui, funzione edonistica ) producono nuova merce: sicchè producono nuova umanità ( nuovi rapporti sociali ).....
Ma se la seconda rivoluzione industriale - attraverso le nuove immense possibilità che si è data - producesse da ora in poi dei "rapporti sociali" immodificabili?...
Da questo punto di vista le prospettive del capitale appaiono rosee.
I bisogni indotti dal vecchio capitalismo erano in fondo molto simili ai bisogni primari.
I bisogni invece che il nuovo capitalismo può indurre sono totalmente e perfettamente inutili e artificiali.
Ecco perchè attraverso essi, il nuovo capitalismo non si limiterebbe a cambiare storicamente un tipo d'uomo: ma l'umanità stessa.
Va aggiunto che il consumismo può creare dei "rapporti sociali immodificabili", sia creando, nel caso peggiore, al posto del vecchio clerico-fascismo un nuovo tecno-fascismo sia, come ormai più probabile, creando come contesto alla propria ideologia edonistica un contesto di falsa tolleranza e di falso laicismo: di falsa realizzazione, cioè,  dei diritti civili.
In ambedue i casi lo spazio per una reale alterità rivoluzionaria verrebbe ristretto all'utopia o al ricordo: riducendo quindi la funzione dei partiti marxisti ad una funzione social-democratica, sia pure, dal punto di vista storico, completamente nuova.

Pier Paolo Pasolini da "Lettere luterane"

martedì 16 dicembre 2014

Attilio Lolini..........martedi'

Incisivo

I vecchi vanno
in su e in giu'
con la patente
per ammazzar
la gente

per monti e valli
un nonno prudente
s'appoggia
ad un bastone d'osso
lungo e tagliente

ma e' solo
un lungo dente
che gli esce di bocca

abbatte chi trova vivo
con l'incisivo.

Attilio Lolini..........martedi'

Yogurt

Dicono che sono depresso
mi metto sotto un cipresso
poi faccio colazione
con uno yogurt
alla depressione
alla radio parlano
di guerra in Palestina
succhio una gelatina
poi un sorbetto
incerto se stare in piedi
o rimettermi a letto.

mercoledì 10 dicembre 2014

Vittorio Sereni....

Saba


Berretto pipa bastone, gli spenti
oggetti di un ricordo.
Ma io li vidi animati indosso a uno
ramingo in un'Italia di macerie e polvere.
Sempre di sé parlava ma come lui nessuno
ho conosciuto che di sé parlando
e ad altri vita chiedendo nel parlare
altrettanta e tanta più ne desse a chi stava ad ascoltarlo.
E un giorno, un giorno o due dopo il 18 aprile,
lo vidi errare da una piazza all'altra
dall'uno all'altro caffè di Milano
inseguito dalla radio.
"Porca - vociferando - porca". Lo guardava
stupefatta la gente.
Lo diceva all'Italia. Di schianto, come a una donna
che ignara o no a morte ci ha ferito.

da " Gli strumenti umani ".

mercoledì 26 novembre 2014

Ferruccio Brugnaro.....

Bravi

Bravo presidente
bravi ministri
bravi segretari
partiti
sindacati
bravi bravi
tutti quanti.
Mano nella mano
cantate
gli operai sono
tramortiti di botte
gli operai lavorano
e tacciono
abbiamo trovato
gli alleati giusti.
Evviva evviva
siamo gli unici
in libertà
intelligenti
intelligenti.
Bravo governo
bravi ministri
bravi bravi
tutti quanti
evviva evviva
i ladri sono stati
premiati
gli operai hanno avuto
una lezione
severa
evviva evviva
cantate
bravo
il nostro presidente
del consiglio
bravi
i nostri ministri
i nostri tecnici
bravi bravi
cantate
più forte
più forte
cantate
evviva 
evviva.

lunedì 17 novembre 2014

Antonio Delfini.........1959/1960

Sega gli alberi

Sega gli alberi signor podestà
signor sindaco signor baccalà.
Firma gli atti signor prefetto
governatore questore triletto.
Da il voto di sì signor deputato
scuote la testa il buon governato.
L'eterno inferno è il governo
in Italia per sempre è l'inverno.
C'è una frana in Sicilia
il ministro aggrotta la ciglia
e dichiara: "Si faccia la bara
pel poveretto che impara".
In Lucania c'è l'alluvione
di morte si vuole un veglione.

E' una festa antica che ha più di mill'anni:
in Italia a Rovigo a Catania a Livorno a Trento a Trieste
decimati per via militare per terremoto fame e pellagra
per crolli per strozzo di banca c'è sempre stata la peste.

Il povero deve morire per frusta veleno o fucile.
"Il nipote sia degno degli avi" ha detto un padrone a Milano.
"Il capitale sia nostro e privato, non si muti lo stile,
si ammoderni la frusta, si appesantisca la mano".

mercoledì 12 novembre 2014

martedì 4 novembre 2014

Andrea Zanzotto........martedi'

Rivolgersi agli ossari.
Rivolgersi agli ossari. Non occorre biglietto.
Rivolgersi ai cippi. Con il più disperato rispetto.
Rivolgersi alle osterie. Dove elementi paradisiaci aspettano.
Rivolgersi alle case. Dove l’infinitudine del desìo
(vedila ad ogni chiusa finestra) sta in affitto.

E la radura ha accettato più d’un frondoso colloquio
ormai, dove, ahi,
si esibì la più varia mostra dei sangui
il più mistico circo dei sangui. Oh quanti numeri, e rancio speciale. Urrah.
Vorrei bucarmi di ogni chimica rovina
per accogliere tutti, in anteprima,
nello specchio medicato d’infinitudini e desii
di quel circo i fermenti gli enzimi
dentro i succhi più sublimi dell’alba, dell’azione, in piena diana. E si va.
E si va per ossari. Essi attendono
gremiti di mortalità lievi ormai, quai gemme di primavera,
gremiti di bravura e di paura. A ruota libera, e si va.
Buoni, ossari – tante morti fuori del qualitativo divario
onde si sale a sicurezze di cippo,
fuori del gran bidone (e la patria bidonista,
che promette casetta e campicello
e non li diede mai, qui santità mendica, acquista).
Hanno come un fervore di fabbrica gli ossari.
Vi si ricevono ordini, ordinazioni eterne. Vi si smista.
All’asilo, certi pazzi-di-guerra, ancora vivi
allevano maiali; traffici con gli ossari.
Mi avete investito, lordato tutto, eternizzato tutto, un fiotto di sangue.
Arteria aperta il Piave, né calmo né placido
ma soltanto gaiamente sollecito oltre i beni i mali e simili
e tutto solletichìo di argenti, nei suoi intenti, a dismisura.
Padre e madre, in quel nume forse uniti
tra quell’incoercibile sanguinare
ed il verde e l’argenteizzare altrettanto incoercibili,
in quel grandore dove tutti i silenzi sono possibili
voi mi combinaste, sotto quelle caterve di
os-ossa, ben catalogate, nemmeno geroglifici, ostie
rivomitate ma come in un più alto, in un aldilà d’erbe e d’enzimi
erbosi assunte,
in un fuori-luogo che su me s’inclina e domina
un poco creandomi, facendomi assurgere a
Così che suono a parlamento
per le balbuzie e le più ardue rime,
quelle si addestrano e rincorrono a vicenda,
io mi avvicendo, vado per ossari, e cari stinchi e teschi
mi trascino dietro dolcissimamente, senza o con flauto magico
Sempre più con essi, dolcissimamente, nella brughiera
io mi avvicendo a me, tra pezzi di guerra sporgenti da terra,
si avvicenda un fiore a un cielo
dentro le primavere delle ossa in sfacelo,
si avvicenda un sì a un no, ma di poco
differenziati, nel fioco
negli steli esili di questa pioggia, da circo, da gioco.

lunedì 20 ottobre 2014

Stanley Kubrick...



Per un osservatore sito nella nebulosa di Andromeda,

il segno della nostra estinzione non sarebbe piu' appariscente

di un fiammifero che si accende per un secondo nel cielo.



giovedì 16 ottobre 2014

Attilio Lolini...........giovedi'

Per i poveri non c'è nessuna storia
chi distratto ci degno'
di uno sguardo
è sepolto da tempo

ci tirarono le orecchie
vomitandoci addosso
le nuove morali

preziose carte d' identita' la morte
       distratta
        non ci riconosce
        mica sa quello che fa
ci trascura
ci fa dispetti
è al serviziodal senatore amintore

perche' ti ho rivista stanotte
dopo dieci anni cinque un secolo che ne so
gobba come allora
cacciata dai polfer
dalla sala d'attesa di seconda classe
tua residenza

oh civilta' costituzione
neppure il freddo ci stende secchi
siamo eterni
mister rumor
onorevole de martino
santo padre dei borghesi paolo



da " Negativo parziale " 1974

venerdì 3 ottobre 2014

Ettore Sottsass...


Sono sicuro, sicurissimo che c'è un paradiso di prati infiniti per le erbe solitarie.

lunedì 25 agosto 2014

Roberto Roversi...

Quali e quante simmetrie per i nuovi padroni

Non posso parlare dei giovani perchè non so
ma posso cercare di capire
per capirli
perchè la mia giornata ormai sull'orlo
non si consumi soltanto in piccoli fuochi
" il sorgere della cattiva luna "
porta a cattivi pensieri
ma il giorno di sole brucia (brucia, ragazzo, brucia,)
non dormire, ti rubano il futuro
le gole d'oro le mani di neve e alla notte
corrono a frugare cancellano gli anni
ti preparano ai capelli bianchi ai cavalli azzoppati
VOGLIONO LISCIARE LA TERRA LASCIARLA DESERTA
ma tu cresci sulle onde alzati leggero e tocca i fumi
con gli occhi si può ferire il nemico
la ribellione del cuore si presta a cento travestimenti
contro
i falsi gabbadei i colli torti
i cagasotto della nostra età.
I CHIODI ARRUGGINITI
GLI ULTIMI ALBERI
le fabbriche come cattedrali spiritate
senza rumore suono senza voce
l'uomo lì muore come nella foresta

LO SPARTIVENTO
n. 9 - maggio 1988

giovedì 24 luglio 2014

Constantinos Kavafis...


Per quanto sta in te

E se non puoi la vita che desideri
cerca almeno questo
per quanto sta in te: non sciuparla
nel troppo commercio con la gente
con troppe parole e in un viavai frenetico.

Non sciuparla portandola in giro
in balia del quotidiano
gioco balordo degli incontri
e degli inviti,
fino a farne una stucchevole estranea.

martedì 15 luglio 2014

Boris Pasternak...

Tu mi stai accanto, lontananza del socialismo.
Dici d’esser vicina? Frammezzo alle angustie,
in nome della vita, in cui ci siamo legati,
trasportaci, ma solo tu.
Tu mandi fumo tra una nebbia di teorie,
terra fuori di ciarle e di calunnie,
come una porta sul mondo e una porta sul mare,
e una porta sulla Georgia da Mleti.
Tu sei il paese ove le donne di Putivl’
non piangono prima del tempo come i cuculi,
e con tutta la verità io le rendo felici,
e ad essa non occorre distoglierne lo sguardo.
Dove respirano l’una accanto all’altra,
e i ganci della passione non scricchiano
e non danno un residuo di frazioni
per sventura delle madri e dei bambini.
Dove io non ricevo alcun resto
in vita spicciola dall’esistenza,
ma segno solo ciò che spendo
e spendo tutto quello che conosco.
Dove la voce, mandata a rincorrere
una novità indistruttibile,
con l’esultanza del mio bambino
mi fa eco dall’avvenire.
Qui sarà tutto: ciò che ho vissuto
nei presagi e nella realtà,
e coloro di cui non sono degno,
e ciò per cui fra di essi ho un nome.
Tu sei ancora qui, e mi hanno detto
ove sei adesso e ove sarai alle cinque.
Io ti potrei trovare nel Kursaal,
piuttosto che ciarlare invano.
Tu ascolteresti ritornando giovane,
grande, libera, audace,
dell’uomo giunto al limite
da una formica che è cresciuta troppo.
Vi sono nell’esperienza dei grandi poeti
tali tratti di naturalezza
che non si può, dopo averli conosciuti,
non finire con una mutezza completa.
Imparentati a tutto ciò che esiste, convincendosi
e frequentando il futuro nella vita di ogni giorno,
non si può non incorrere alla fine, come in un’eresia,
in un’incredibile semplicità.
Ma noi non saremo risparmiati,
se non sapremo tenerla segreta.
Più d’ogni cosa è necessaria agli uomini,
ma essi intendono meglio tutto ciò che è complesso…
B. Pasternak, Le onde, 1931

martedì 17 giugno 2014

Luigi Di Ruscio...Epigramma...1982

I peli della poesia vengono divisi in mille parti
le balle che ci racconta il potere
invece spudoratamente ce le beviamo tutte
anche in questo caso è preferibile il contrario
beviamoci spudoratamente tutte le balle delle poesie
e le balle che ci racconta il potere
dividiamole in mille parti con tutte
le infinite metodologie critiche

venerdì 23 maggio 2014

Elezioni europee...Velimir Chlebnikov



Solo noi, arrotolati i vostri tre anni di guerra
in un cartoccio di minaccevole tromba,
cantiamo e gridiamo, cantiamo e gridiamo,
ubriachi del fascino di quella certezza,
che il Governo del Globo Terrestre
già esiste:
siamo Noi.
Solo noi abbiamo calcato sulle nostre fronti
il serto selvatico di Governanti del Globo Terrestre,
inesorabili nella nostra abbronzata ferocia,
saliti sul masso del diritto di conquista,
alzando il vessillo del tempo,
noi – vasai che cociamo le umide argille dell’umanità
nelle brocche e nei bricchi del tempo,
noi – promotori della caccia alle anime
urliamo in canuti corni marittimi,
chiamiamo a raccolta gli umani armenti –
Evoè! Chi è con noi?
Chi ci è amico e compagno?
Evoè! Chi ci segue?
Così noi balliamo, pastori degli uomini e
Dell’umanità, sonando il piffero.
Evoè! Chi è più grande?
Evoè! Chi è più avanti?
Solo noi saliti sul masso
di noi stessi e dei nostri nomi,
fra un mare di vostre maligne pupille,
solcate dalla fame dei patiboli
e contorte dall’estremo orrore,
sulla risacca dell’urlo umano
vogliamo che ci si apostrofi e d’ora in poi ci si onori
Presidenti del Globo Terrestre.
Che sfacciati – diranno certuni,
no, sono santi, obbietteranno degli altri.
Ma noi sorrideremo come dei,
additando con la mano il Sole.
Trascinatelo ad un guinzaglio per cani,
impiccatelo alle parole
“ Libertà ”, “ Fratellanza ”, “ Uguaglianza “,
processatelo al vostro tribunale di sguattere,
perché sulle soglie
d’una molto ridente primavera
ci ha ispirati questi bei pensieri,
queste parole e ci ha dato
questi sguardi sdegnosi.
Il colpevole è Lui.
Noi non facciamo che adempiere il bisbiglio solare,
quando verso di voi erompiamo come
capimandatari dei suoi ordini,
dei suo severi comandi.
Le pingui folle dell’umanità
si stenderanno sulle nostre tracce.
Dove noi siamo passati,
Londra Parigi e Chicago
per gratitudine sostituiranno i loro
nomi coi nostri.
Ma perdoneremo una tale stoltezza.
Tutto questo è di là da venire,
e intanto, madri,
portate via i vostri figli,
se apparirà in qualche posto uno stato.
Giovani, saltate e rintanatevi nelle spelonche
e nel profondo del mare,
se in qualche posto vedrete uno stato.
Ragazze e chiunque fra voi non sopporta l’odore dei morti,
cadete in deliquio alla parola ” frontiere ”:
esse odorano di cadaveri.
Eppure ogni ceppo fu un tempo
una bella conifera,
un pino fogliuto.
Il ceppo è perverso soltanto per questo,
che su esso si tronca la testa agli uomini.
Così, stato, anche tu
sei parola assai bella nel sogno,
composta di ben cinque suoni:
con molte comodità e refrigerio.
Sei cresciuto in un bosco di parole:
ceneriera, fiammifero, cicca,
pari tra pari;
ma perché si va nutrendo d’uomini?
Perché il paese natio s’è fatto cannibale,
e la patria sua sposa?
Ehi! Ascoltate !
A nome dell’intera umanità
ci rivolgiamo con maneggi di pace
agli stati del passato:
se voi siete splendidi, o stati,
come amate narrare di voi stessi
e di voi costringete a narrare i vostri famigli,
allora perché questo cibo agli dei?
Perché scricchiamo, noi uomini, nelle vostre mandibole,
tra zanne e denti molari?
Ascoltate, stati degli spazi,
ecco ormai da tre anni
voi fate finta
che l’umanità sia soltanto una pasta,
un dolce biscotto che vi si scioglie in bocca;
e se il biscotto scatterà come un rasoio, dicendo: mammina?
Se lo spargeremo di noi,
come d’un tossico?
D’ora in poi noi ordiniamo di sostituire
Le parole” Per grazia divina”
Con “Per grazia delle Isole Figi”.
E’ forse decente per il Signor Globo Terrestre
(sia fatta la sua volontà)
incoraggiare il cannibalismo ecumenico
entro i confini di sé stesso?
E non è servilismo senza limiti
da parte degli uomini in quanto mangiabili
proteggere il proprio Mangiatore Supremo?
Ascoltate! Persino le formiche
spruzzano acido formico sulla lingua dell’orso.
Se ci sarà qualcuno ad obiettare
che lo stato degli spazi non è giudicabile
come ecumenica persona di diritto,
non obietteremo noi forse che l’uomo
è anch’esso uno stato: bimano,
di globuli sanguigni ed anch’esso ecumenico?
Se gli stati sono perversi,
chi di noi moverà un solo dito,
per prolungare il loro sonno
sotto la coltre del Per Sempre?
Voi siete malcontenti, o stati
e loro governi,
in segno d’avviso battete i denti
e fate piccoli balzi. E con questo?
Noi siamo la massima forza
e sempre potremo rispondere:
a sommossa di stati
sommossa di schiavi, -
con una missiva bene assestata.
Stando sulla tolda delle parole “ Superstato della stella “
e non necessitando di bastone nell’ora di questo rullio,
chiediamo: chi è più alto:
noi che in virtù del diritto di sommossa
e inoppugnabili nel nostro primato,
servendoci della tutela delle leggi sull’invenzione,
ci siamo proclamati Presidenti del Globo Terrestre,
oppure voi, governi
di singoli paesi del passato,
questi prosaici residui caduti vicino a macelli
di tori bipedi,
del cui cadaverico umore vi siete unti?
Quanto a noi, condottieri di un’umanità
da noi edificata secondo le leggi dei raggi
con l’ausilio delle equazioni del fato,
noi rinneghiamo i padroni,
che si spacciano per governanti,
per stati e altre case editrici
e ditte commerciali Guerra & C.,
che hanno appoggiato i mulini del dolce benessere
all’ormai triennale cascata
di vostra birra e di nostro sangue
dall’inerme onda rossa.
Vediamo stati ruzzolare sulla spada
per lo sconforto del nostro avvento.
La patria sulle labbra, sventolandovi
col ventaglio del regolamento bellico-campale,
avete con impudenza inserito la guerra
nel cerchio delle Fidanzate dell’uomo.
Ma voi, stati degli spazi, placatevi
e non piangete come ragazzine.
Come intesa privata di privati,
assieme alle società degli ammiratori di Dante,
dell’allevamento di conigli, della lotta con le arvicole,
entrerete sotto l’usbergo delle leggi da noi promulgate.
Non vi toccheremo.
Una volta per anno potrete adunarvi in annuali adunanze,
passando in rassegna le forze che si rarefanno
e in base al diritto delle associazioni.
Restate dunque volontaria intesa
di privati, non necessaria a nessuno
e per nessuno importante.
Fastidiosa come un mal di denti
in una Nonnina del XVII secolo.
Rispetto a noi voi siete
come l’irsuta gamba-mano d’una scimmia,
scottata da un recondito dio-fiamma,
rispetto alla mano d’un pensatore, che placida
governa l’universo,
di questo cavaliere della sorte sellata.
C’è di più: noi fondiamo
la società per la difesa degli stati
dal ruvido e feroce trattamento
delle comuni del tempo.
Come deviatori
ai binari d’incontro del Passato e del Futuro,
guardiamo con uguale sangue freddo
alla sostituzione dei vostri stati con una
comunità edificata scientificamente,
come alla sostituzione d’una ciocia di tiglio
col bagliore di specchio d’un treno.
Compagni-operai! Non vi lagnate di noi:
come operai-architetti, noi andiamo
per una strada speciale ad un fine comune.
Noi siamo un genere speciale d’arma.
Dunque il guanto di sfida
di quattro parole “ Governo del Globo Terrestre “
è gettato.
Intersecato da una rossa folgore,
l’azzurro stendardo dell’Anarchia,
stendardo delle albe ventose, dei soli aurorali,
è issato e sventola sopra la terra,
eccolo, amici miei !
Il Governo del Globo Terrestre!


Velimir Chlebnikov -  21 aprile 1917

mercoledì 9 aprile 2014

Hannah Arendt...

Una società di consumatori non saprà mai prendersi cura di un mondo e delle cose pertinenti in esclusiva allo spazio delle apparenze terrene, perchè la sua posizione fondamentale verso tutti gli oggetti - il consumo - significa la rovina di tutto ciò che tocca.

giovedì 3 aprile 2014

F 35 - Settanta anni fa

Nelle comunicazioni relative ad attacchi aerei mancano di rado i nomi delle ditte che hanno fabbricato gli apparecchi: Focke-Wulff, Heinkel, Lancaster appaiono al posto dei corazzieri, ulani e ussari di una volta. Il meccanismo della riproduzione della vita, del suo assoggettamento e della sua distruzione, è immediatamente lo stesso, e quindi industria, stato e rèclame vengono fusi insieme. Il vecchio paradosso di liberali scettici, “la guerra è un affare”, si è realizzato: il potere statale ha rinunciato persino all’apparenza dell’indipendenza dall’interesse particolare e si pone ormai anche ideologicamente – poiché di fatto lo fu sempre – al suo servizio. Ogni menzione elogiativa della grande ditta in occasione della distruzione di una città contribuisce a farle il buon nome grazie al quale otterrà poi i migliori incarichi al momento della ricostruzione.


Theodor W. Adorno da “Minima moralia. Meditazioni della vita offesa” parte prima 1944




                  Siamo un incidente della natura
                  ma pensiamo di essere al centro dell' universo
                  siamo a pochi passi dall'oblio
                  ma in qualche modo
                  speriamo di essere immortali.
  
                  J. Ballard

mercoledì 26 marzo 2014

Franco Fortini...


 La sera si fa sera

La sera si fa sera
tu non avrai compagni.
Ed allora verrà
la faina da te
per metterti paura.
Ma non prender paura,
prendila per sorella.
La faina conosce
e l’ordine dei fiumi
e i fondali dei guadi
e ti farà passare
senza che tu t’anneghi
e poi ti condurrà
fino alle fonti fredde
perché tu ti rinfreschi
dai polsi fino ai gomiti
dei brividi di morte.

Anche comparirà
davanti a te il lupo
per metterti paura.
Ma non prendere paura
prendilo per fratello.
Perché il lupo conosce
e l’ordine dei boschi
e il senso dei sentieri
e t’accompagnerà
per la via più leggera
verso un alto giardino
dove la luce è quieta.
Il tuo posto è laggiù,
dove vivere è bello
dovè il campo di dalie
la collina dei giuochi.
E laggiù c’è il tuo cuore.

domenica 16 marzo 2014

Roberto " Freak " Antoni...

NOSTALGIA DELLA MISERIA

Qualche volta
ho nostalgia della miseria,
e sento come un'attrazione
per la mia vecchia depressione

Lo so-lo so:
è una cosa un po' perversa,
avere nostalgia della miseria
e pensare con emozione
ai momenti di gran desolazione

E' un ricordo
che dà i brividi alla schiena
risentire quando stavo così in pena

E' una faccenda decadente-e-immorale
desiderare
di stare molto male
Non è cosa molto seria
la nostalgia della miseria


POLEMICA

Se c'è una cosa
che non sopporto
è la presunzione di chi crede
di essere migliore di me

G. Fini - C. Giovanardi

La realtà non è altro che una stampella per coloro
che non riescono a reggere le droghe.

 Woody Allen 


lunedì 10 febbraio 2014

Boris Pahor.......Quale memoria? Il confine e il fascismo




Mi sono spesso chiesto da dove venisse la mia avversione per l’ossessione delle foibe che ha colpito
l’Italia negli ultimi anni. Non che voglia sminuire questo dramma, anzi credo di essere stato uno dei primi a denunciare le violenze dei partigiani jugoslavi quando ho pubblicato un intervista con il poeta sloveno Edvard Kocbek nel lontano 1975 sulle uccisioni dei collaborazionisti sloveni alla fine della Seconda guerra mondiale. Infatti, al contrario di quello che si crede comunemente in Italia, nelle foibe non finirono soltanto gli italiani, ma i “nemici del popolo” jugoslavo, indipendentemente dalla loro appartenenza nazionale. Ma l’Italia tende a travisare o a selezionare la propria memoria storica, lasciando che la passione nazionale o la volontà politica prevalgano sulla realtà dei fatti. Proprio il caso delle foibe dimostra che si dovrebbe ricostruire e rendere noto il fenomeno nella sua complessità, in modo che diventi il simbolo di tutte le violenze che attraversarono questa terra di confine dal ventennio fascista all’ultima fase della Seconda guerra mondiale.
Spesso si dimentica che nella Venezia Giulia, in Istria e in Dalmazia non esiste soltanto la memoria italiana, ma anche quella slovena e croata. Nel 2004 l’Italia ha approvato la celebrazione del giorno del Ricordo, il 10 febbraio, “al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”.
Mi aspettavo che la legge sul giorno del Ricordo si impegnasse a far conoscere obiettivamente i conflitti che hanno lacerati queste terre, invece mira alla costruzione di una memoria unica e parziale, che non esito a definire prettamente nazionalista, perché denuncia i soprusi subiti dagli italiani e tace quelli che loro hanno perpetrato.
Eppure il fascismo nella Venezia Giulia di allora attecchì rapidamente fin dal 1920 e in questa regione plurietnica la repressione nazionalista colpì duramente le minoranze, con processi contro gli antifascisti “slavi” da parte del Tribunale speciale, la proibizione delle associazioni culturali e politiche, la chiusura delle scuole slovene e croate e l’italianizzazione forzata, a partire dalla lingua e dai nomi. Molti, nel resto d’Italia, neppure sapevano dell’esistenza di comunità slave sul territorio nazionale. Anzi, sotto il fascismo noi non eravamo considerati una comunità, ma una massa ignorante. La politica negli anni Venti e Trenta non fu che un preludio alla violenza che si sarebbe scatenata dopo l’invasione della Jugoslavia da parte dell’Italia e della Germania nell’aprile del 1941. Fu nella cosiddetta “Provincia di Lubiana” che l’occupazione delle forze armate italiane portò alla catastrofe: villaggi bruciati, esecuzioni sommarie di ostaggi, soprusi contro la popolazione civile, campi di concentramento. Interi villaggi furono deportati nel campo di concentramento di Rab (Arbe): dai neonati alle persone anziane, tutti vivevano sotto delle tende e dormivano sulla paglia bagnata dalla pioggia. Mancavano acqua e cibo. I bambini morivano di fame e di freddo e le madri erano così disperate da arrivare a nascondere i cadaveri dei propri bambini nella paglia pur di non perdere la razione del figlio.
Di tutto ciò non si fa cenno nella legge del 10 febbraio. Si vuole ricordare solo quanto è accaduto in Istria centrale dal 1943 in poi e la questione delle foibe. Rappresentare la storia a senso unico non è accettabile. E’ chiaro che questa legge rientra in una prospettiva di riconciliazione nazionale, ma è altrettanto chiaro che non la si dovrebbe raggiungere a nostre spese. Non ammetto neppure che essa sia al contempo un atto di accusa contro un intera comunità “slava”, che in realtà è composta, come già accennato, da una parte di croati e dall’altra di sloveni. In nome di questa volontà di pacificazione interna, l’Italia tende a occultare o tralasciare una parte della storia: insiste sulle violenze e sui soprusi subiti, e anzi li amplifica a dismisura, ignorando i risultati delle ricerche storiche più recenti. Lo dimostra chiaramente il discorso del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in occasione del giorno del Ricordo del 2007: già nello scatenarsi della prima ondata di cieca violenza in quelle terre, nell’autunno del 1943, si intrecciarono “giustizialismo sommario e tumultuoso, parossismo nazionalista, rivalse sociali e un disegno di sradicamento” della presenza italiana da quella che era, e cessò di essere, la Venezia Giulia. Vi fu dunque un moto di odio e di furia sanguinaria, e un disegno annessionistico slavo, che prevalse innanzitutto nel Trattato di pace del 1947, e che assunse i sinistri contorni di una “pulizia etnica”. Quel che si può dire di certo è che si consumò – nel modo più evidente con la disumana ferocia delle foibe – una delle barbarie del secolo scorso.
Per ciò che riguarda noi, vorrei specificare che il cosiddetto “disegno annessionistico”, di cui il presidente Napolitano ci ha accusato, riguarda la riconquista nella lotta insieme agli Alleati del territorio del litorale sloveno che l’Italia aveva ottenuto Dopo gli accordi di Londra nel 1915 e definitivamente alla fine della Prima guerra mondiale. Per fortuna questi toni forti, e per certi versi offensivi, si sono attenuati e quest’anno, nel febbraio 2009, il presidente della Repubblica, dopo un discorso del presidente della Slovenia Danilo Turk, ha preso in parte in considerazione la memoria slovena, dicendo che l’Italia ricordava anche ciò che il fascismo aveva fatto alla popolazione slovena. Tuttavia non basta ricordare, occorre anche spiegare, soprattutto alle giovani generazioni che di questi fatti sanno poco o niente. Un buon punto di partenza per una memoria che tenga conto di tutte le vicende del confine orientale – come reciterebbe a rigore la legge – potrebbe essere la relazione della Commissione storico-culturale italo-slovena, frutto di una collaborazione tra storici di entrambe le nazionalità che per diversi anni hanno lavorato congiuntamente sugli aspetti più controversi della storia di questa regione di confine tra il 1880 e il 1956. Bisognerebbe pubblicare la relazione e presentarla nei libri scolastici di storia, come hanno fatto la Francia e la Germania per le loro vicende, in modo da creare un punto di incontro per i giovani che spesso conoscono soltanto una parte della storia, quella nazionale. Credo che su questi avvenimenti dolorosi ci sia la necessità di fare chiarezza per chiudere i conti con il passato, altrimenti il rischio è di ricordare solo la “barbarie slava”, dimenticando quella italiana. Eppure, i criminali di guerra italiani non sono mai stati né processati né giudicati per gli eccidi e le devastazioni inflitte alle popolazioni delle zone di confine. Ha ragione Paolo Rumiz quando dice che l’Italia è l’unica nazione europea che ha ben due giorni dedicati alla Memoria, ma è anche l’unica a servirsene non per chiedere scusa ma per esigere scuse. In questo avrebbe molto da imparare dalla Germania, che si è impegnata a tener vivo il ricordo delle vittime e ha riconosciuto le propie colpe, non solo con commemorazioni pubbliche, ma anche con la ricerca storica. Al contrario,in Italia stenta tuttora a farsi strada un vero dibattito sulle responsabilità nazionali nella Seconda guerra mondiale e si sottovalutano il ruolo del fascismo e i suoi crimini. L’”Espresso”, già il 27 marzo 2003, scriveva: “Da noi un lato l’Italia, che in un primo momento aveva visto con favore la seconda Norimberga, non aveva però nessuna intenzione di consegnare i nostri generali a partire da Roatta, a loro volta sotto accusa per crimini commessi come alleati dell’Asse”. Io mi permetterei di dire che si tratta pure di una questione di onore. Significativamente tra i libri italiani che trattano i crimini commessi dai fascisti durante la guerra, uno si intitola appunto Italiani senza onore di Costantino Di Sante. Perché non si portano i ragazzi nei campi di concentramento italiani, come quelli di Rab, Gonars, Visco, Chiesanuova, Monigo, Grumello e altri ancora? E’ giusto che i giovani vadano a visitare le foibe, ma prima devono avere la possibilità di conoscere e studiare tutta la complessa situazione storica. Andare solo alla Risiera di San Sabba, che fu voluta dai nazisti, non basta e perpetua quell’immaginario descritto da Paolo Rumiz: “Innocenti noi, barbari loro. Deponiamo corone d’alloro e torniamo a casa contenti di essere stati, ancora una volta, italiani brava gente”.

 Boris Pahor



Non si può mai ignorare il dolore degli altri.

Bruno Crainz

sabato 25 gennaio 2014

A. Momigliano - D. Bidussa




… ma qualunque cosa si scrive su quel periodo che finisce con fascisti e
nazisti collaboranti nell’inviare milioni di ebrei nei campi di eliminazione,
un affermazione va ripetuta. Questa strage immane non sarebbe mai
avvenuta se in Italia, Francia e Germania (per non andare oltre) non ci
fosse stata una indifferenza maturata nei secoli, per i connazionali ebrei.
L’indifferenza era l’ultimo prodotto delle ostilità delle chiese per cui
la “conversione” è l’unica soluzione al problema ebraico.


Arnaldo Momigliano da “ Pagine ebraiche “ 1987


Sue Coe


La Shoah in Italia è stata l’ultimo episodio di una vicenda che legislativamente
inizia nel 1938 ma che culturalmente si nutre di molti apporti, alcuni formatisi
“velocemente” altri presenti a lungo e sotterraneamente nella società civile
italiana e nelle sue élite culturali, altri infine che si combinano e si determinano
anche in relazione a una precisa contingenza. Ma è un fatto che, una volta finita
la guerra, non tutti “volevano sapere” e chi voleva raccontare o affrontare
la questione, anche prescindendo dai “conti che voleva regolare”, si trovava
a recitare la parte del vecchio marinaio di Coleridge: uno strampalato che
con la forza, e non senza fatica, doveva trattenere i suoi riluttanti ascoltatori
diretti spensieratamente alla festa. In sintesi: uno scocciatore.

David Bidussa da “ Il mito del bravo italiano “ 1994

domenica 12 gennaio 2014

Sergio Solmi.......La guerra vuol dire:


La guerra, nel ricordo olfattivo, vuol dire: l’odore del cuoio marcio.
Quello del sudore.
L’odore dell’escremento raffermo.
Quello del sangue fresco sotto il sole, denso, dolce,un po’ nauseabondo.
L’odore della putrefazione.
L’odore dell’anice nella borraccia.
L’odore delle sigarette Sport trovate nella trincea austriaca abbandonata, in pacchi semicircolari di carta marrone.
L’odore di pece arsa degli apparecchi Mazzetti-Niccolai contro i gas.
L’odore di gomma del respiratore inglese.
L’odore di mandorla pungente dell’iprite. L’odore della polvere bruciata.
L’odore dell’erba, annusata la faccia contro terra, spiando la piega del terreno-riparo per il prossimo balzo.

                                                                           Sergio Solmi


Risiera di S. Sabba

W. H. Auden.........1 gennaio 1940 - 1 gennaio 2014





. . . . . . .
Ma i desideri non sono cavalli, questo
Annus non è mirabilis;
il giorno si leva su un mondo che noi conosciamo
di guerra e strage e sventura;
confusi civili vanno al dolore
in fratellanze senza fede,
le cui buone intenzioni non possono sanare
i mali attuali che affrontano
né spianar la loro carriera pratica,
né avvicinare il loro lontano orizzonte.
Il Nuovo Anno porta una terra sgomenta,
la democrazia un confezionato e chiassoso
slogan di pubblicista, e
i poveri traditi alla mercè
di adulatori ambiziosi, e la verità
sferzata dai vecchi fuori dalla giovinezza,
i pacifici che svengono sui loro sentieri
con le tombe dei martiri alle spalle,
e la cultura a carponi per salutare
un élite macellaia e criminale,
mentre nelle valle delle stupide pecore
vecchi patrizi reumatici piangono.

Le nostre notizie sono raramente buone: il cuore,
come disse Zola, deve sempre iniziare
il giorno inghiottendo il suo rospo
di fallimento e disgusto. La nostra via
peggiora e noi sembriamo interamente
perduti mentre le nostre teorie, come il tempo,
mutano completamente rotta ogni giorno,
e tutto ciò che possiamo sempre dire
è: la vera democrazia comincia
con una franca confessione dei nostri peccati.
In questo solo sono tutti uguali,
tutti sono così deboli che nessuno osa affermare
“ Io ho il diritto di governare “ o
“ Contempla in me la legge morale “
e ogni reale unità comincia
dalla coscienza delle diversità,
perché tutti hanno bisogni da soddisfare
e ciascuno un potere da fornire.
Noi abbiamo bisogno di amare tutti poiché siamo
ciascuno un particolare unico
che non è gigante, dio, o nano
ma un bizzarro umano isomorfo;
possiamo amare ognuno poiché sappiamo
tutti, tutti noi che è così:
possiamo vivere poiché siamo vissuti, i poteri
coi quali creiamo non sono nostri.
. . . . . . . . . .
Noi cadiamo nella danza, noi commettiamo
il vecchio ridicolo errore,
ma sempre vi sono persone come te
che perdonano e aiutano ciò che facciamo.
Ogni giorno nel sonno e nella fatica
la nostra vita e morte sono col nostro prossimo,
e l’amore illumina ancora
la città e la tana del leone,
la grande rabbia del mondo, il viaggio dei giovani.


Wystan Hugh Auden da “ Lettera per il nuovo anno “ 1 gennaio 1940