lunedì 31 ottobre 2022

Vittorio Strada... Corriere della Sera - 1 novembre 1985



La poesia vertiginosa del futurista Chlebnikov




" Il ciclista" di Natalia Goncharova, 1913, Museo russo di Leningrado



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Gli anniversari servono a qualcosa, almeno quando chi si commemora è stato alquanto trascurato.
E' il caso del poeta russo Velimir Chlebnikov (1885 - 1922), più leggendario che conosciuto.
"Tentativo di esplorazione del continente Chlebnikov" intitolò Angelo Maria Ripellino un suo fervido ed estroso saggio. E questo centenario della nascita è stato l'occasione di altri viaggi esplorativi organizzati in simposi che si sono svolti in zone eccentriche d'Europa: uno in Finlandia, l'altro in Olanda (un terzo è imminente negli Stati Uniti, a Washington. Curiosa sorte di un poeta così intraducibilmente russo e più celebrato in terra straniera che nella sua propria, anche se questo centenario ha rianimato l'interesse (mai spento, del resto, tra i cultori di poesia) per la sua figura e la sua opera nella stessa Unione Sovietica, dopo un lungo periodo di disattenzione critica. Se Chlebnikov è un "continente", bisogna precisare che non si tratta di un continente disteso alla superficie e aperto a epidermici itinerari: Chlebnikov è il poeta del sottosuolo del linguaggio, lo speleologo della parola, lo scopritore di un'Atlantide verbale. Esplorare Chlebnikov significa quindi scendere  nelle viscere dell'immaginazione poetica o, per ricordare una felice immagine di Osip Mandelstam, immergersi "nel folto delle radici delle parole russe, nella notte etimologica", in una zona sotterranea dove Chlebnikov scavò i suoi cunicoli, come una talpa. Chlebnikov ha compiuto nella poesia russa un'impresa abissale che non trova paragone in nessun altra poesia europea. Se consideriamo la poesia come l'atto di nominare il senza nome, di misurare il senza misura, di vedere il senza volto, Chlebnikov è il poeta per eccellenza, poiché, come un Adamo selvaggio e sapiente, ha ridato nomi alle cose, ha offerto proporzioni allo smisurato, ha volto lo sguardo sull'inafferrabile sembiante del linguaggio, quasi a
esorcizzarne l'energia infinita e padroneggiarne la sempre rinnovata dinamicità. Se questo è il segno della poesia di Chlebnikov, un poeta siffatto non poteva nascere che all'interno del futurismo russo.
La prima, e più grande, invenzione del futurismo fu la stessa denominazione, che immetteva una dimensione della temporalità nello spazio della poesia. Che poi il futurismo italiano banalizzasse
il futuro nei termini di una modernolatria apologetica, è di secondaria importanza, se si pensa che
altrove, in Russia, l'impulso marinettiano, giungendo in un ambiente già autonomamente maturo,
diede slancio a un ben più fantastico mondo immaginativo: quello del budetljanstvo, come i
futuristi russiper volontà di primato nazionale, ribattezzarono il futurismo, coniando un neologismo
da "bud", tema del futuro del verbo essere. E il futuro in terra russa, era più intenso e drammatico 
che nella patria di Marinetti,  poiché si tingeva non soltanto dei bagliori di una attesa apocalittica
rivoluzione, ma assorbiva anche i riverberi delle riflessioni metafisiche e storiosofiche di cui 
la cultura russa moderna e sempre stata fin troppo generosa generatrice. Anche la seconda
grande scoperta del futurismo trovò in Russia le condizioni per arrivare a risultati estremi, se non
addirittura eccessivi. Il futurismo, infatti come prima manifestazione di quel movimento composito
delle arti che si vuole chiamare "avanguardia", non fu semplicemente un nuovo "ismo" che si
aggiungeva all'antecedente, ossia al simbolismo, ma segnò la fine dell'arte come istituzione
sociale "innocente". In questo senso il futurismo era stato preparato da tutto un lavoro critico
intorno allo statuto dell'arte nel mondo contemporaneo, lavoro che in Russia, per quanto possa 
parere paradossale questo nome in rapporto all'"avanguardia", era stato portato ai suoi limiti
nichilistici da Lev Tolstoj, nel suo trattato "Che cos'è l'arte", (1897-98). dove l'arte veniva
decostruita e negata. molto prima che i futuristi gettassero Puskin fuori dal "battello dell'età
moderna". Ma i futuristi russi. più estremisti di quelli italiani, oltre all'arte come istituto sociale,
detronizzarono lo stesso linguaggio dal suo stato di materiale "neutro" e lo sottoposero a un
trattamento analitico-sperimentale, scomponendone le basilari strutture. Il "linguaggio
transmentale" (zaumnyj jazyk), proprio del cubofuturismo russo, poteva nascere soltanto su
questo terreno di ricerche illimitate sulla parola, che oggi, pur nella loro libertà  fantastica, costitui-
scono un forte motivo di interesse anche per i linguisti come inatteso e illuminante punto di
vista sui congegni del meccanismo verbale. Il futurismo russo fu, insieme, distruttivismo e
costruttivismo, scomposizione e sintesi, nichilismo e vitalismo: disintegrò il linguaggio e lo
reinventò. Forse nessun'altra lingua si sarebbe  prestata a questa audace operazione, se non
quella russa. Attraverso tutta la storia della cultura russa passa un mito della lingua russa come
luogo in cui la russicità, così tormentata da una storia particolarmente cruda, si condensa in tutta
la sua cristallina purezza; e ancor oggi, nel nuovo esilio di massa della letteratura russa, il luogo
senza luogo dell'idioma russo è il rifugio contro l'asprezza indicibile di una patria matrigna.
Ma, di là da questo mito, c'è un'originalità della lingua russa che è stata colta da Mandelstam 
quando definisce il russo "lingua ellenistica" e afferma che, a differenza delle culture occidentali,
le quali racchiudono la lingua, serrandola con le mura dell'istituzione statale ed ecclesiale ,
"la cultura e la storia russa èda ogni parte lambita e avvolta dalla minacciosa e sconfinata forsa
elementare della lingua russa, che sfugge ad ogni forma statale ed ecclesiale". E' questa libertà
della lingua russa a costituire l'elemento ideale per quell'esplosione di filologismo fantastico e
creativo che fu l'anima del futurismo russo, del suo "cubismo" verbale, e che trovò in Chlebnikov
il suo mago, come in Majakovkij il suo artiere. Potrà parere incongruo questo attardarsi sulle
condizioni della possibilità della poesia chlebnikoviana anziché descriverne la configurazione.
Ma Chlebnikov è così singolare, e così grandiosamente grande, nella geografia della poesia
moderna, che ogni sua esplorazione deve essere lasciata a chi, dotato delle nozioni e degli attrezzi
opportuni, vuole partire per un'avventura personale. Mentre si può far presentire, a chi questa
spedizione non può farla, il tipo di esperienza perduta e il suolo e il sottosuolo su cui essa poggia.
Il tempo e il linguaggio sono le due energie con cui Chlebnikov svolge le sue operazioni di verti-
ginosa poesia. Il suo "futurismo" è, in realtà, un pancronismo, in cui le due dimensioni del tempo
non-presente (il passato e il futuro) sono unite da una segreta parentela, di cui il presente è soltanto
il labile ed effimero anello (di cui l'accusa dei budetljane a Marinetti di essere, invece, un 
"presentista", senza il senso della dinamicità del flusso temporale. Mentre spalanca la casa della sua poesia al vento che soffia da un utopico avvenire, Chlebnikov ne getta le fondamenta nel terreno
della più fonda arcaicità. Non si tratta di quel neoprimitivismo che era diffuso in tanta arte europea
e anche russa del primo Novecento, ma di un'autentica selvatica primitività, di una risurrezione
anomala di una visione epico-cosmica nel cuore dell'"avanguardia" novecentesca. Paradosso non 
unico di quel paradossale mondo che è la Russia. Tra una storiosofia arcaico-avveniristica e una
filologia poetico-immaginaria fungeva da cerniera una matematica fantastica, una congerie
ragionata di calcoli con cui Chlebnikov, Lobacevskij e Einstein dell'Universo umano, intendeva cogliere i ritmi dei destini generali, indagare le onde dell'infinito oceano dell'umanità, prevedere
i flussi e riflussi del mondo storico-naturale. La parola empirica in Chlebnikov, viene sostituita da
una parola razionale che risponde alle esigenze di un intelletto matematico. Nella sua visione 
funzionalistica ogni elemento del linguaggio si carica di senso, così come per l'uomo primitivo tutto
era denso di presagi, preannunzi, premonizioni. Gli elementi della parola (prefissi e suffissi, e
persino  i singoli suoni, per non dir poi delle radici) in Chlebnikov si semanticizzano e danno 
vita a un nuovo universo mitico-poetico, la cui densità è pari alla dinamicità, quasi una immensa
nebulosa da cui prendano corpo sempre nuovi sistemi stellari. "Linguaggio stellare" chiamò
Chlebnikov la neolingua universale di cui egli era lo sperimentatore, una lingua non artificiale,
ma, estremo paradosso, organicamente russa e nativamente slava, nelle cui profondità Velimir
Chlebnikov si calava per portare alla superficie gemme di misteriosa luce.


Vittorio Strada - Corriere della Sera - 1 novembre 1985


VELIMIR
linguaggio stellare
CHLEBNIKOV
      

venerdì 28 ottobre 2022

VELIMIR CHLEBNIKOV... 12 di...


Perdonami, Velemir Chlebnikov, se mi riscaldo al fuoco di redazioni non nostre. Se io pubblico un mio libro e non un tuo. Il clima, maestro, da noi è continentale. Le volpi hanno le loro tane, al detenuto danno una branda, il coltello pernotta nel fodero, e tu non hai avuto dove piegare il capo. Nell'utopia, che tu hai scritto per la rivista "Vzjal", tra le altre fantasie c'è né una: ogni uomo in qualsiasi città ha diritto a una stanza. E' vero, nell'utopia è detto che l'uomo deve avere una stanza di vetro, ma penso che Velemir ne avrebbe accettata anche una normale. Chlebnikov è morto, e un uomo polveroso nelle "Literaturnye zapiski" ha parlato con lingua fiacca di un " fallito". Al cimitero sulla croce tombale il pittore Mituric ha scritto: "Velemir Chlebnikov - Presidente del Globo Terrestre". S'è trovato l'alloggio per il pellegrino, non di vetro, è vero. Non credo che tu, Velemir, voglia risuscitare per vagabondare nuovamente. E' stato difficile per te andare per le steppe e ora fare il soldato, ora sorvegliare di notte i magazzini, ora, semi prigioniero, partecipare a Char'kov a una chiassosa serata di immaginisti. Perdonaci per te e per gli altri, che uccideremo. Per il fatto che ci riscaldiamo presso altrui falò. Lo stato non risponde della morte violenta delle persone, al tempo di Cristo esso non capiva l'aramaico e in genere non capisce mai la lingua umana. I soldati romani che perforavano le mani di Cristo non sono più colpevoli dei chiodi. E tuttavia per chi è crocifisso è molto doloroso. Prima si pensava che Chlebnikov non notasse come viveva, che le maniche della sua camicia erano strappate fino alle spalle, che la rete del letto non era coperta da un materasso, che i manoscritti con i quali imbottiva la federa andavano perduti. Ma prima della morte Chlebnikov si ricordava dei suoi manoscritti. Morì in maniera atroce. Di setticemia. Ricoprirono il suo letto di fiori.



Viktor Sklovskij

da " Zoo o Lettere non d'amore"  1923


VELIMIR
linguaggio stellare
CHLEBNIKOV

continua...

martedì 25 ottobre 2022

POLIZIA MORALE...


- 80 anni fa -                                      


Il 10 giugno 1940 il regime aveva emanato il divieto di ballare (IMMORALE) in pubblico.
I locali notturni (IMMORALI) erano stati chiusi.
La musica americana (IMMORALE) categoricamente proibita.
Messi al bando gli autori ebrei (IMMORALI) .
Il jazz (IMMORALE) assolutamente interdetto.


Odio l'estate - Paola De Simone - Donzelli editore - 2010 


venerdì 21 ottobre 2022

KURT TUCHOLSKY...

 

Rose sparse sul cammino


Siate con loro carini ed affettuosi,
non spaventateli:  son tanto delicati!
Fategli vento con i rami di palma,
come si addice alla loro natura!
        Fischiate al vostro cane, se lui abbaia:
        date ai fascisti un bacio, ovunque li incontriate! 

Quando infuriano dentro alle loro sale,
dite:  "Sì, sì. Ma con piacere!
Eccomi qua. Fatemi pure a pezzi!"
E se vi picchiano, lodate il Signore.
        Perché picchiare è il loro mestiere!
        Date ai fascisti un bacio ovunque li incontriate!

E se sparano:  ma benedetto Iddio,
tanta importanza date all'esistenza?
E' proprio una mania da pacifisti!
Sacrificarsi a chi non piacerebbe?
        Voi chiamateli tesorucci belli,
        date loro dolcetti e caramelle...
E se pure avvertite
nella vostra pancia
        il pugnale di Hitler, giù dentro fino al manico:
        date un bacio ai fascisti, date un bacio ai fascisti,
        date un bacio ai fascisti, ovunque li incontriate!


1931


Il verso sembra modellato sul celebre slogan lanciato nell'agosto 1928 dalla sezione berlinese del Partito Comunista: "Cacciate i fascisti dalle fabbriche! Colpiteli, ovunque li incontriate". E' probabile che la cosa avesse scandalizzato i benpensanti e i pacifisti e che tutta la poesia costituisca un ironica
risposta alle loro critiche.


Kurt Tucholsky  1890 - 1935

lunedì 17 ottobre 2022

MIRZA BEDIL...

 


M'hanno schernito facendo alla lingua un inganno,
poi parlando hanno reso la mia confusione più densa.
Suggerirono al mio vaneggiare un sussurro,
e caddi così come corpo che morto ricade.


Mirza Bedil  1642 - 1720

mercoledì 12 ottobre 2022

VELIMIR CHLEBNIKOV... 11 di...

 


Cupo

Quando di me sarò poi stanco
Mi getterò nel sole d'oro,
Mi vestirò di un'ala strombazzante,
Il vizio mescolerò col sacro.
Sono morto, sono morto, e è sgorgato il sangue
Sulla corazza, un gran torrente.
Sono tornato in me, in altro modo, nuovamente,
Guardandovi con occhio di guerriero.


VELIMIR
linguaggio stellare
CHLEBNIKOV

continua...

venerdì 7 ottobre 2022

STEFANO MANCUSO... ITALIA - SETTEMBRE - 2022

 

ITALIA - SETTEMBRE - 2022                       


La Terra è cosa nostra. Ne abbiamo diviso la superficie in Stati e ne abbiamo assegnato la sovranità ai diversi gruppi umani, che a loro volta l'hanno affidata a un limitatissimo numero di persone. Sono queste, pertanto, che detengono la reale sovranità della Terra.


Poche persone sono responsabili della sovranità dell'unico pianeta dell'universo sul quale la vita esiste.

Stefano Mancuso
- La nazione delle piante -
Editori Laterza - 2019


lunedì 3 ottobre 2022

Haiku d'autunno...

 



-- -- -- -- -- Haiku d'autunno -- -- -- -- --



Matsuo Basho  1644 - 1694

       Voci umane!
Tornano per questa strada.
    Tramonto d'autunno.

Masaoka Shiki  1867 - 1902

   Freddo nella notte.
Mi siedo tra montagne
    di scritti di haiku.

Miura Chora 1729 - 1780

luna piena d'autunno
bellissima semplicemente, perfettamente
chiara