giovedì 28 marzo 2019

Philip K. Dick... 8 di 13




Se questo mondo vi sembra
spietato, dovreste vedere
cosa sono gli altri






A un piccolo tema critico si allude due volte (credo) in Episodio temporale.  Ha a che fare con Nixon. Nel mondo futuro di Episodio temporale, nel terribile stato schiavista che evidentemente
esiste da decenni, Richard Nixon è ricordato come un grande, eroico leader a cui ci si riferisce con l'appellativo di "Secondo Unico Figlio Prediletto di Dio". E' evidente da questa e da molte altre affermazioni che Episodio temporale non tratta del nostro futuro, ma del futuro di un mondo alternativo al nostro. I neri, all'epoca in cui si svolge Episodio temporale, erano diventati una rarità biologica, protetta, "come i fenicotteri rosa". Nel romanzo si vedono raramente dei neri nelle strade degli Usa. Ma l'epoca in cui si svolge Episodio temporale, l'ottobre del 1988, è a soli undici anni di distanza da oggi. Naturalmente il genocidio fascista contro i neri è incominciato nel mio romanzo ben prima del 1977; parecchi lettori me l'hanno fatto notare. Uno di essi mi ha persino fatto notare che una lettura attenta di Episodio temporale non solo indica che la società descritta, gli Usa-stato di polizia del 1988, doveva essere un mondo alternativo, ma questo lettore mi fece notare che misteriosamente, proprio alla fine del romanzo, il protagonista Felix Buckman sembra essere scivolato in qualche modo in un mondo diverso, in cui i neri non sono stato sterminati. All'inizio del libro si stabilisce che la legge consente a una coppia di neri di avere un solo figlio; eppure, alla fine, il nero alla stazione di servizio notturna tira fuori orgogliosamente il portafoglio e mostra al Generale di Polizia Buckman le foto dei suoi tre bambini. La maniera aperta con cui il nero mostra le foto a un perfetto sconosciuto indica che per qualche strana e inesplicabile ragione adesso non è più illegale per una coppia di neri avere parecchi figli. In qualche modo, esattamente come il signor Tagomi è scivolato per breve tempo nel nostro presente alternativo, il Generale Buckman ha fatto la stessa cosa in Episodio temporale. Nel testo del romanzo è evidente anche quando e dove il generale è scivolato. E' proprio prima di atterrare con il suo velivolo alla stazione notturna e di incontrare - abbracciare, in verità - il nero, lo scivolone, cioè il momento in cui il mondo totalmente repressivo del cuore del romanzo è scomparso, ha avuto luogo nell'intervallo di tempo in cui il Generale Buckman ha fatto uno strano sogno su un vecchio regale, con una bianca barba lanosa, che indossava una tunica e un elmetto e guidava una schiera di cavlieri similmente vestiti e armati - re e cavalieri che apparivano nel mondo rurale e pastorale in cui il Generale Buckman è vissuto da ragazzo. Il sogno è stato a mio parere una rappresentazione nella mente del Generale Buckman della trasformazione che ha realmente avuto luogo; è stata una sorta di analogo interiore  a ciò che stava avvenendo, al di fuori di lui, al sul mondo intero. 
Questo produce il Buckman cambiato, il diversissimo Generale della Polizia che atterra alla stazione di servizio notturna e disegna un cuore trafitto da una freccia, dando il pezzo di carta con li suo disegno al nero come un messaggio di amore. Il Buckman che incontra il nero alla stazione di servizio non è lo stesso Buckman che è apparso in precedenza nel libro: la trasformazione è completa. Solo Jason Taverner, il personaggio televisivo un tempo famoso che si è svegliato un giorno per trovarsi in un mondo che anon aveva mai sentito parlare di lui - solo Taverner, quando la sua popolarità misteriosamente sparita ritorna, comprende le numerose realtà alternative - due, a una lettura rapida, ma almeno tre se si studia attentamente il finale - solo Jason Taverner ricorda. Questo è l'intreccio fondamentale del romanzo: una mattina Jason Taverner, popolare divo televisivo e discografico, si sveglia in uno squallido ostello e scopre che tutti i suoi documenti sono scomparsi e, peggio ancora, che nessuno ha mai sentito parlare di lui  - l'intreccio di fondo è che per qualche misteriosa ragione l'intera popolazione degli Stati Uniti, in un istante di tempo lineare, ha completamente e collettivamente dimenticato un uomo la cui faccia sulla copertina di "Time" teoricamente avrebbe dovuto essere identificata senza sforzo da ogni lettore. In questo romanzo dico: "L'intera popolazione di un grande paese, un paese delle dimensioni di un continente, può svegliarsi una mattina avendo completamente dimenticato tutto quello che sapeva prima, senza che nessuno di loro sia più saggio". Nel romanzo a essere dimenticato è un popolare divo televisivo e discografico, il che ha importanza, in verità, solo per quel particolare divo, o ex divo. Ma la mia ipotesi è presentata nondimeno qui in forma mascherata, perché (dico) se un intero paese può nottetempo dimenticare una cosa che tutti sanno, può dimenticare anche altre cose, cose più importanti; cose di importanza realmente enorme. Parlo dell'amnesia da parte di milioni di persone, di ricordi per così dire deposti. Questo tema dei ricordi sbiaditi è un filo rosso in tutti i miei romanzi. Lo era anche in van Vogt. Eppure, si può contemplare questo fatto come una seria possibilità. qualcosa che potrebbe realmente avvenire? Chi di noi se l'è chiesto? Io non me lo sono chiesto prima del 1974. Mi includo nel numero. 



                                                                              8 - continua 


Philip K. Dick - Se questo mondo vi sembra spietato,
dovreste vedere cosa sono gli altri - Edizioni e/o - 
Piccola biblioteca morale - 1996

martedì 26 marzo 2019

L. Ferlinghetti... 100 anni



Ma ora è tempo
      di fornire un rendiconto di tutto
                  una spiegazione a tutto
           come ad esempio
                  perché di notte fa buio
Il mare si sta alzando ovunque
                 Finirò dunque annegato
                                insieme agli altri
                 tutti gli animali della terra
                          spazzati via nell'oceano
                                       procreante e preoccupante
           in questo formidabile momento
                                       di burrascoso cambiamento
               quando il nostro piccolo mondo scompare
                    in un tremito di oceano e paura
                                  al mormorio
                        della mente media americana
               mentre gli idioti in cravatta
                                cadono dagli alberi?



Lawrence Ferlinghetti - Greatest poems
Mondadori editore - 2018

domenica 24 marzo 2019

L. Ferlinghetti... 100 anni


Alla maniera di Kahlil Gibran                                               



Pietà per la nazione la cui gente è pecora
e i cui pastori la portano fuori strada
Pietà per la nazione i cui capi sono bugiardi
I cui saggi sono zittiti
e i cui fanatici infestano le onde radio
Pietà per la nazione che non alza la voce
ma aspira a dominare il mondo
con la forza e la tortura
E non conosce
altra lingua che la propria
Pietà per la nazione che respira denaro
e dorme il sonno di chi ha la pancia piena
Pietà per la nazione Oh pietà per la gente del mio paese
Il mio paese lacrime verserà
Dolce terra di libertà!




Lawrence Ferlinghetti - Greatest poems
Mondadori editore - 2018

venerdì 22 marzo 2019

Haiku di primavera...



........ Kobayashi Issa  1763 - 1828 ........

ad ogni cancello
la primavera comincia
dal fango dei sandali



 ........ Masaoka Shiki  1867 - 1902 ........

Come sono poche
       le rondini       
dopo la battaglia!



........ Saito Sanki  1900 - 1962 ........

      Le mani dei malati      
    sporgono dalle finestre.   
Tepore del sole primaverile.


mercoledì 20 marzo 2019

Philip K. Dick... 7 di 13



Se questo mondo vi sembra
spietato, dovreste vedere
cosa sono gli altri



Sarò molto schietto con voi: scrissi entrambi questi romanzi basandomi su frammenti residui di ricordi di questo terribile mondo di schiavitù - o forse il termine "mondo" è sbagliato e dovrei dire "Stati Uniti" dato che in entrambi i romanzi scrivo dal mio paese. Nella Svastica sul sole c'è un romanziere, Hawthom Abendson, che ha scritto un romanzo su un mondo alternativo in cui la Germania, il Giappone e l'Italia hanno perso la seconda guerra mondiale. Alla fine del romanzo si presenta alla porta di Abendson una donna, che gli dice ciò che egli ignora: che il suo romanzo è vero; l'Asse ha davvero perso la guerra. L'ironia di questo finale - il fatto che Abendson scopre che ciò che riteneva una semplice supposizione uscita dalla sua immaginazione è la verità - è questa: che il mio lavoro immaginario, La svastica sul sole, non è fiction -o lo è solo adesso, grazie al cielo. Ma c'è stato un mondo alternativo, un presente precedente, in cui quel particolare binario del tempo si è attualizzato - per essere poi abolito grazie all'intervento in un momento precedente. Sono sicuro, così come mi sentite parlare che voi non mi credete davvero, o non credete neanche che io creda a me stesso. Ma ciò nondimeno  vero. Io conservo dei ricordi di quell'altro mondo. Ecco perché lo troverete descritto di nuovo nell'ultimo romanzo, Episodio temporale. Il mondo di questo libro è (o piuttosto era) un mondo alternativo reale, e io lo ricordo in dettaglio. Non so chi altro lo faccia. Forse nessuno. Forse tutti voi eravate sempre - siete sempre stati - qui. Ma io no. Nel marzo del 1974 incominciai a ricordare coscientemente, e non solo inconsciamente, quel nero mondo dello stato di polizia. Ricordandolo coscientemente non avevo bisogno di scriverci sopra, perché l'avevo sempre fatto. Nondimeno il mio stupore fu grande - ricordare all'improvviso coscientemente che un tempo era così - come sicuramente capite. Mettetevi al mio posto. Romanzo dopo romanzo, racconto dopo racconto, per venticinque anni  io ho ripetutamente scritto di un diverso scenario particolare, uno scenario spaventoso. Nel marzo del 1974 capii perché, nella mia scrittura, ritornavo continuamente a una consapevolezza, un annuncio di quel mondi particolare. Ne avevo ben donde. I miei romanzi e racconti erano, senza che me ne rendessi pienamente conto, autobiografici. Questo ritorno della memoria fu l'esperienza più straordinaria della mia vita. O forse dovrei dire delle mie vite, dato che ne ho avute almeno due; una là e in seguito una qui, dove  siamo adesso. Posso anche dirvi cosa provocò il mio ricordo. alla fine di febbraio del 1974 mi fu somministrato del sodio pentathol per l'estrazione di un dente del giudizio coricato. Quello stesso giorno, ebbi un breve, acuto lampo di ricordi recuperati. In un istante compresi tutto, ma lo rifiutai - lo rifiutai, però, con la consapevolezza che ciò che avevo recuperato come ricordo sepolto era vero. Poi, verso la metà di marzo, il corpus dei ricordi, intero, intatto, cominciò a riaffiorare. Siete liberi di credermi o no, ma vi do la mia parola: non sto scherzando; sono molto serio, è una questione importante. Sicuramente sarte almeno d'accordo che il semplice fatto che io dichiari una cosa del genere è sorprendente. Spesso la gente dichiara di ricordare una vita passata; io dichiaro di ricordare una diversa, diversissima, vita presente Non conosco nessuno che abbia fatto una simile dichiarazione in precedenza, ma sospetto che la mia esperienza non sia unica; ciò che forse è unico è il fatto che accetti di parlarne. Se mi avete seguito fin qui, mi piacerebbe che foste così gentili da fare un altro passo avanti con me. Vorrei condividere con voi qualcosa che sapevo - che ho recuperato - insieme ai
ricordi bloccati. Nel marzo del 1974 le variabili riprogrammate, risistemate in qualche momento precedente, probabilmente alla fine degli anni Quaranta - nel marzo del 1974 l'esito, i risultati di almeno una o forse di più variabili riprogrammate lungo l'asse lineare del nostro passato si manifestarono. Ciò che avvenne tra il marzo e l'agosto del 1974 fu il risultato di almeno una variabile riprogrammata circa trent'anni prima che avevo messo in moto una serie di cambiamenti culminante in quello che voi sicuramente ammetterete essere stato un evento storico di spettacolare importanza - è unico: le dimissioni forzate di un presidente degli Stati Uniti, Richard Nixon, e di tutti i suoi soci. Nel mondo alternativo che ricordavo, il movimento per i diritti civili e il movimento pacifista degli anni Sessanta erano stati sconfitti. E naturalmente alla metà Settanta Nixon non era stato estromesso dal potere. L'opposizione (se ce n'era o ce ne poteva essere una) era insufficiente. Perciò uno o più fattori tendenti alla distruzione di quel solido potere tirannico, per noi, erano stati introdotti retro attivamente. I dati, trent'anni dopo, nel 1977, risultarono alterati. Analizzate il testo di Episodio temporale e, tenendo presente che esso fu scritto nel 1970 e pubblicato nel febbraio del 1974, fate uno sforzo per ricostruire quali fatti avrebbero dovuto verificarsi, in precedenza, per produrre il mondo descritto nel romanzo come esistente nel prossimo futuro.   

                                                                                                                   7 - continua




Philip K. Dick - Se questo mondo vi sembra spietato,
dovreste vedere cosa sono gli altri - Edizioni e/o -
Piccola biblioteca morale - 1996 -

lunedì 18 marzo 2019

Philip K. Dick... 6 di 13



Se questo mondo vi sembra
spietato, dovreste vedere
cosa sono gli altri




Poiché alla fine di ogni scontro di tesi e antitesi tra l'oscuro avversario e il divino Programmatore nasce una nuova sintesi, poiché è possibile che ogni volta che ciò accade nasca un nuovo mondo laterale e poiché io credo che ogni sintesi o risoluzione sia in una certa misura una vittoria per il Programmatore, ogni mondo, in sequenza, deve essere migliore - non solo rispetto al precedente - ma rispetto a tutti gli esiti latenti o solo possibili. E' migliore ma niente affatto perfetto - cioè definitivo. E' semplicemente un livello superiore all'interno di un processo. Ciò che intuisco chiaramente è che il Programmatore usa in continuazione l'universo precedente come una gigantesca riserva di materiali per ogni nuova sintesi, possedendo l'universo precedente l'aspetto del caos o dell'anomia in rapporto al nuovo cosmo emergente. L'infinito processo di nascita sequenziale di mondi alternativi che emergono e si attualizzano è, in qualche modo per noi incomprensibile, negentropico. Nel mio romanzo Ubik mio signore presento un movimento lungo un asse entropico retrogrado, in termine di forme platoniche più che di decadimento o inversione così come le concepiamo normalmente. Forse il normale movimento in avanti lungo quest'asse, che si allontana dall'entropia, che accumula piuttosto che consumare, è identico alla linea dell'asse che definisco laterale, vale a dire nel tempo ortogonale piuttosto che lineare. Se le cose stanno così, il romanzo Ubik involontariamente contiene quel che potrebbe dirsi un'idea scientifica, più che filosofica. Anche se lo scrittore di fantascienza potrebbe aver scritto più di quello che credeva. Ciò che ci rende ciechi rispetto a questa gerarchia di forma evolventesi in ogni nuova sintesi è che non percepiamo i mondi inferiori, non attualizzati. Questo processo di interazione, che forma in continuazione il nuovo, oblitera a ogni livello quello precedente. Le nostre conoscenze sul passato hanno una doppia, ma dubbia origine: siamo in possesso di tracce del passato sterne, oggettive, incarnate nel presente, e siamo in possesso di ricordi interiori; ma entrambi sono soggetti alle leggi dell'imperfezione, dal momento che sono solo frammenti di realtà e non la forma intatta. Ciò che noi possediamo esistenzialmente e mentalmente sono quindi guide inadeguate. L'emergenza della vera novità. se veramente nuova, implica che esse debba in qualche modo uccidere il vecchio, il ciò-che-era. E specialmente ciò che non era arrivato a essere pienamente. a questo punto abbiamo bisogno di individuare e di portare come prova qualcuno che sia riuscito in qualche modo - non importa come, in realtà - a trattenere ricordi di un presente diverso, latenti impressioni di un mondo alternativo, diverso per qualche aspetto significativo da questo, quello attualizzato in questa fase. Secondo la mia ipotesi, sarebbero senza dubbio ricordi di un mondo peggiore di questo. Dal momento che non è ragionevole che Dio, il Programmatore e Riprogrammatore, sostituisca un mondo peggiore in termini di libertà, bellezza, amore, ordine, salute - secondo tutti gli standard a noi noti. Quando un meccanico lavora alla vostra macchina difettosa non la danneggia ulteriormente; quando uno scrittore produce una seconda stesura del romanzo non la imbruttisce, ma si sforza di migliorarla. Credo che si possa sostenere, da un punto di vista strettamente teorico, che Dio è cattivo o pazzo e sostituisce con un mondo peggiore uno migliore, ma francamente non riesco a prendere sul serio quest'idea. Passiamo quindi oltre. Chiediamo quindi: "Qualcuno di noi ricorda in qualche oscura maniera una Terra peggiore di questa del 1977? I nostri giovani hanno avuto delle visioni e i nostri vecchi hanno sognato? Sognato incubi, in particolare, su un mondo di schiavitù e malvagità, di prigioni e carcerieri e polizia onnipresente?" Io l'ho fatto. Ho scritto quei sogni romanzo dopo romanzo, racconto dopo racconto; tra quelli in cui questo presente brutto riuscì con maggiore chiarezza citerò La svastica sul sole, e il romanzo del 1974 sugli Usa come stato di polizia intitolato Episodio temporale. 

                                                       
                                                                          6 - continua



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dovreste vedere cosa sono gli altri - Edizioni e/o - 
Piccola biblioteca morale - 1996

venerdì 15 marzo 2019

Philip K. Dick... 5 di 13




Se questo mondo vi sembra
spietato, dovreste vedere
cosa sono gli altri





Vi faccio  osservare che queste alterazioni, la creazione o selezione di tali "presenti alternativi", ha continuamente luogo. Il fatto che noi possiamo concettualmente affrontare quest'idea - cioè considerarla come un'idea -è un primo passo verso la comprensione di tali processi. Ma dubito che saremo mai capaci di dimostrare veramente, cioè di provare scientificamente, che questi processi di cambiamento laterale si verificano davvero. Probabilmente tutto ciò su cui potremmo basarci sarebbero vestigia di memorie, fuggevoli impressioni, sogni, nebulose intuizioni che le cose in qualche modo erano diverse - e non tanto tempo fa, ma adesso. Potremmo andare in cerca dell'interruttore della luce del bagno solo per scoprire che esso era - e sempre stato - in un posto completamente diverso. Potremmo cercare la ventola del riscaldamento della nostra auto in cui non c'è nessuna ventola - un riflesso lasciato da un presente precedente, ancora attivo a livello sub-corticale. Potremmo sognare chiaramente come se li avessimo davvero visti e conosciuti persone o luoghi che non abbiamo mai visto. Ma non sapremmo cosa fare di tutto questo, anche se avessimo il tempo per rifletterci sopra. Un'impressione molto intensa probabilmente ci colpirebbe, molti di noi, più e più volte, e sempre inesplicabilmente: l'acuta, certissima sensazione di aver già fatto una volta in passato ciò che ci stiamo accingendo a fare ora, di aver già vissuto, per così dire, un certo momento o una certa situazione - ma in che senso possiamo dire "in precedenza" dal momento che solo il presente, e non il passato, ne è coinvolto? Avremmo la forte impressione di star rivivendo il presente, magari nello stesso modo. ascoltando e dicendo le stesse parole... Io sostengo che tali impressioni sono valide e significative, e dirò perfino questo: una tale impressione è un segnale che in un certo momento passato una variabile è stata cambiata, riprogrammata; a causa di ciò è nato un nuovo mondo alternativo, è diventato attuale al posto di quello precedente, e di fatto, letteralmente di fatto, noi stiamo rivivendo di nuovo questo particolare segmento di tempo lineare. C'è stata una riparazione , ma non nel nostro presente - nel nostro passato. Evidentemente una tale alterazione avrebbe un effetto peculiare sulle persone coinvolte; esse sarebbero, per così dire, spostate indietro di una o più caselle sulla scacchiera che costituisce la nostra realtà. Questo potrebbe avvenire teoricamente un numero infinito di volte e riguardare un numero infinito di persone, ogni volta che vengono riprogrammate le variabili. Noi dovremmo vivere ogni riprogrammazione lungo il successivo asse temporale, ma per il Programmatore che noi chiamiamo Dio - per lui il risultato della riprogrammazione  sarebbe immediatamente evidente. Noi siamo nel tempo e lui ne è fuori. Questo forse potrebbe anche spiegare la sensazione di alcune persone di aver vissuto vite precedenti. Potrebbero davvero averle vissute; ma non in passato: vite precedenti, piuttosto nel presente. Magari in un presente continuamente ripetuto, come un grande quadrante dell'orologio in cui le lancette percorrono all'infinito la stessa circonferenza con tutti noi che veniamo trasportati inconsapevolmente, benché oscuramente sospettosi. 


5 - continua                                     
                             


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dovreste vedere cosa sono gli altri - Edizioni e/o - 
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mercoledì 13 marzo 2019

Philip K. Dick... 4 di 13



Se questo mondo vi sembra
spietato, dovreste vedere
cosa sono gli altri





Ma se avete seguito le mie congetture sulla sovrapposizione di questi mondi alternativi e pen-     
sate come me che, se ce ne sono tre, ce ne potrebbero essere trenta o tremila - e che alcuni di
noi vivono in questo, altri in un altro, altri ancora in altri, e che gli avvenimenti di un binario
non possono essere percepiti dalle persone di un altro binario - ebbene, lasciatemi dire quello
che penso una volta per tutte. Io credo di aver avuto una volta esperienza di un binario in cui
il Salvatore era ritornato. Ma si è trattato di un'esperienza molto breve. Adesso non sono là.
Non sono neanche sicuro di esserci mai stato. Naturalmente può darsi che non vi ritornerò mai
più. Soffro per questa perdita, ma perdita resta, in qualche modo mi spostai lateralmente,
ma poi ricaddi indietro, e tutto era finito. Una montagna che svaniva e un fiume. Suono di
campane. Tutto finito, per me: completamente finito. Nei miei racconti e romanzi scrivo 
spesso di mondi controfattuali, semi-reali, così come di mondi privati, spesso abitati da una 
sola persona, che deragliano mentre gli altri personaggi restano nei loro mondi oppure ven-
gono in qualche modo trasportati in quelli speciali. Questo tema ritorna nel corpus venti-
settennale dei miei scritti. Non ho mai avuto una spiegazione teorica del mio interesse per  
questi pseudo-mondi pluriformi, ma ora credo di capire. Ciò che intuivo era la multiformità 
degli aspetti di realtà solo parzialmente attualizzate che tangevano quella che evidentemente
è la più attualizzata di tutte, quella su cui la maggior parte di noi, per consensus gentium, si
trova d'accordo. Benché originariamente io pensassi che le differenze tra questi mondi fossero
dovute interamente alla soggettività dei vari punti di vista degli uomini, ben presto mi chiesi
se non potesse trattarsi di qualcosa di più - e cioè che di fatto esistevano concretamente molte
realtà sovrapposte l'una all'altra come in tante trasparenze cinematografiche. Ciò che ancora
non riesco ad afferrare, però, è come una realtà fra le tante prende corpo e si attualizza
distinguendosi dalle altre. Forse non se ne attualizzerebbe nessuna. O forse l'attualizzazione
si basa sull'accordo del punto di vista di un numero sufficiente di persone. Più probabil-
mente il mondo-matrice, quello più veramente reale, è stabilito dal Programmatore.
Egli o esso organizza - stampa, per così dire - la matrice fondamentale e la fonde con la
sostanza concreta. L'essenza o nocciolo della realtà - il mondo che la riceve o la raggiunge,
e in quale misura - questo è nella mente del Programmatore; questa selezione e riselezione
è pane di una generale creatività, che noi viviamo come fatti storici, passa attraverso
stadi di interazione dialettica, tesi e antitesi, man mano che le forze dei due giocatori si
mescolano. Evidentemente qualche sintesi arride all'oscuro avversario, eppure neanche
questo è vero, in virtù del fatto che il nostro grande Avvocato ha precedentemente sele-
zionato delle variabili la cui alterazione gli procura la vittoria finale. Per ogni partita
che vince, Egli reclama a turno alcuni di noi, che partecipiamo al gioco. Questa è la
ragione per cui istintivamente la gente prega "Libera me, Domine", che spiegato, si-
gnifica "Districami, Programmatore, dato che tu ottieni una vittoria dopo l'altra; laterale
in modo che io non ne sia escluso". Ciò che noi sentiamo come "essere esclusi" significa
rimanere sotto la giurisdizione di una potenza maligna, malgrado tutte le sue astuzie,
ha già perso, anche quando vince, perché in un certo senso l'avversario è cieco e quindi
il Programmatore-Riprogrammatore ha un vantaggio. Avicenna, il grande filosofo
arabo medioevale, scrisse che Dio non vede il tempo come noi: per lui non ci sono né
passato né presente né futuro. Ora, supponendo che Avicenna sia nel giusto, immaginiamo
una situazione in cui Dio, da qualunque posizione vantaggiosa si trovi, decida di intervenire
nel nostro mondo, cioè di irrompere dal suo regno a-temporale nella storia umana.
Ma se dal suo punto di vista esiste solo una realtà onnipresente, allora egli può intervenire
con la stessa facilità in quello che per noi è il passato come in quello che per noi è il pre-
sente o il futuro. E' esattamente come uno scacchista che guardi la scacchiera: egli può
muovere qualunque pezzo desideri. Seguendo il ragionamento di Avicenna, possiamo
dire che Dio, desiderando per esempio realizzare il Secondo Avvento, non è costretto a
limitare questo fatto al nostro presente o al nostro futuro; egli può intervenire nel nostro
passato - in altre parole, cambiare la nostra storia passata; può far sì che ciò sia già avve-
nuto. E questo sarebbe vero per ogni cambiamento che egli desiderasse compiere, grande 
o piccolo. supponiamo per esempio che un fatto verificatosi nel nostro 1970 d.C. non 
coincida con la sua idea di come dovrebbero andare le cose. Egli può obliterarlo, o
cambiarlo, migliorarlo, tutto ciò che vuole, anche in un punto precedente il tempo lineare.



4 - continua 
  


Philip K. Dick - Se questo mondo vi sembra spietato,
dovreste vedere cosa sono gli altri - Edizioni e/o -
Piccola biblioteca morale - 1996 -
                                              
                                                    
  
                                                                                               

lunedì 11 marzo 2019

Philip K. Dick... 3 di 13




Se questo mondo vi sembra
spietato, dovreste vedere
cosa sono gli altri


In quanto scrittore di fantascienza, io sono attratto da idee come queste; noi del mestiere, naturalmente, conosciamo questa idea come "tema dell'universo alternativo". Alcuni di voi certamente sanno che il mio romanzo La svastica sul sole  utilizzava questo tema. In esso c'era un mondo alternativo in cui il Giappone, la Germania e l'Italia avevano vinto la seconda guerra mondiale. A un certo punto il signor Tagomi, il protagonista, in qualche modo si trovò porato nel nostro mondo, in cui le potenze dell' Asse hanno perso. Egli riamase nel nostro mondo solo poco temdo e ritornò tutto spaventato nel proprio universo non appena intuì o capì ciò che era successo - e in seguito non ci pensò più; per lui era stata un'esperienza completamente negativa, dal momento che, essendo giapponese, il nostro era per lui un universo peggiore di quello a cui era abituato. Per un ebreo, però, sarebbe stato infinitamente migliore - per ovvie ragioni. Nella Svastica sul sole non do alcun spiegazione plausibile del perché o del come il signot Tagomi scivoli nel nostro universo; egli era semplicemente seduto nel parco a esaminare un pezzo di artigianato moderno, un gioiello astratto - era seduto che lo studiava  e lo ristudiava- e quando sollevò gli occhi era in un altro universo. Non ho spiegato perché o come questo avvenga perché non lo so, e sfido chiunque, scrittore, lettore o critico, a darne una cosidatta "spiegazione". Non ce ne può essere una perché naturalmente, come tutti sappiamo, una tale ipotesi è solo una premessa romanzesca; nessunodi noi, nel pieno delle sue facoltà, considera neppure per un istante l'idea che tali universi alternativo esistano realmente scherzo, che essi esistano. Ma ammettiamo, solo per scherzo, che essi esistano. Allora , se esistono, in che modo sono connessi gi uni agli altri, se realmente sono (o fossero) connessi? Se ne disegnassimo una mappa, indicando la loro posizione, come sarebbe questa mappa? Per esempio (e credo che questa sia una domanda molto importante) sono completamente separati l'uno dall'altro o si sovrappongono? Perché se si sovrappongono, allora problemi del tipo "dove esistono" e "come è possibile passare dall'uno all'altro" ammettono una possibile soluzione. Dico solo che se essi esistono davvero e si sovrappongono davvero, allora possiamo letteralmente, realmente abitare parecchi di loro in varia misura contemporaneamente in ogni momento. E benché noi ci vediamo l'un l'altro come esseri umani che camminano e parlano e agiscono, alcuni di noi potrebbero abitare quantità relativamente maggiori di Universo 1, per così dire, rispetto agli altri; e alcuni di noi poterbbero invece abitare quantità relativamente maggiori di Universo 1, o Binario 2, e così via. Potrebbe darsi che a variare non siano solo le nostre impressioni soggettive del mondo; potrebbe esserci una sovrapposizione di un certi numero di mondi cosicché oggettivamente, e non solo soggettivamente, i nostri mondi sono diversi. Le nostre percezioni sarebbero diverse in consefuenza di questo fatto. E a questo punto voglio aggiungere questa ipotesi, che trovo affascinante: può darsi che akcuni di questi mondi sovrapposti stiano uscendo dall'esistenza, lungo la linea laterale del tempo di cui parlo, e che altri siano invece sulla strada di una maggiore, anzichè, minore, attualizzazione. Questi processi avverrebbero simultaneamente e non secondo il tempo lineare. Il tipo di processo di cui parliamo qui è una trasformazione, una sorte di metamorfosi, invisibile ma molto reale. E molto importante. Se consideriamo questa possibilità di una diposizione laterale dei mondi, di una pluralità di Terre sovrapposte lungo il cui collegamento assiale una persona possa in qualche modo muoversi - viaggiare misteriosamente dal peggio al meglio, al bene, all'ottimo - se consideriamo tutto questo in termini teologici, forse potremmo dire che in questo modo decifriamo improvvisamente le ellittiche affermazioni di Cristo sul Regno di Dio e in particolare sulla sua collocazione. Sembra che le sue risposte siano contraddittorie e misteriose. Ma ammettiamo, ammettiamo per un momento soltanto, che la causa della nostra perplessità non risieda nel suo desiderio di ingannarci o di nascondersi, ma nell'inadeguatezza della domanda. "Il mio regno non è di questo mondo" è scritto. "Il Regno è in voi". O forse "è tra di voi". Ora vi sottopongo l'idea, che personalmente trovo emozionante, che forse egli aveva in mente ciò che io chiamo un asse laterale di regni laterale di regni sovrapposti che contengono in loro uno spettro di aspetti che vanno dall'indicibilmente perverso al meraviglioso. E Cristo continuava a ripetere che vi sono davvero e concretamente molti regni, in qualche modo in rapporto tra loro e in qualche modo intercambiabili da parte di uomini vivi, non morti, e che il più meraviglioso di questi mondi era un regno giusto in cui regnava Lui stesso, o Dio, o entrambi. E non parlava solo di una varietà di modi di vedere soggettivamente un mondo; il Regno era ed è un luogo realmente diverso, all'estremità opposta di un continuum che incomincia con la schiavitù e il dolore assoluto. La sua missione era di insegnare ai discepoli il segreto per percorrere questo sentiero ortogonale. Egli non si limitò a dare informazioni su ciò che c'era; Egli insegnò il metodo per arrivarci. Ma, tragicamente, il segreto fu perso. Il nemico, l'autorità romana, lo distrusse, per cuinon ce l'abbiamo più. Ma forse, sapendo che un tale segreto esiste, possiamo ritrovarlo. Questo dovrebbe essere sufficiente a risolvere l'apparente dilemma se il Regno dei giusti debba mai essere stabilito qui sulla Terra o se è un luogo o una condizione in cui andiamo dopo la morte. Certo non ho bisogno di dirvi che questo è stato un problema fondamentale - e irrisolto - nel corso della storia del cristianesimo. Cristo e San Paolo sembrano affermare entrambi enfaticamente che vi sarà un inaspettato arrivo delle truppe di Dio nel nostro mondo. Allora, dopo qualche scena emozionante, verrà stabilito un paradiso millenario, un regno di giustizia - almeno per quelli che hanno fatto il loro dovere e sono stati attenti... non si sono addormentati, come dice la parabola.Nel Nuovo Testamento siamo ripetutamente invitati a vigilare, è ripetutamente affermato che per il cristiano è sempre giorno, c'è sempre luce, per cui egli riesce a vedere questo evento quando esso si verifica. Vedere questo evento. Questo significa forse che molte persone, addormentate o cieche o non vigilanti, non lo vedranno, anche se si verifica? Considerate il significato che può essere attribuito a queste idee. Il Regno verrà inaspettatamente (questo è sempre sottolineato); i giusti fedeli lo vedranno, perché per essi è smpre giorno, ma per gli altri...ciò che sembra esprimersi quiè il paradossale ma suggestivo pensiero che - ascoltate  valutate bene - il Regno, foss'anche stabilito qui, non sarebbe visibile per coloro che ne fossero esclusi. Avanzo l'ipotesi che , in termini più moderni, ciò che la Bibbia intendeva dire è che aluni di noi viaggeranno lateralmente verso quel mondo migliore e altri resteranno legati all'asse laterale, il che significa che per esse, nel loro mondo alternativo, il Regno non è venuto. E nello stesso tempo però è venuto nel nostro. Per cui viene e non viene nello stesso tempo. Chiedetevi ora. "Quale fatto indicherà lo stabilirsi o il ristabilirsi del Regno?". Natutalmente non si tratta di altro che del Secondo Avvento, il ritorno del Re. Seguendo il mio discorso sull'esistenza di mondi lungo un asse laterale, si potrebbe ragionare così: "Certo la seconda venuta non ha ancora avuto luogo - perlomeno non in questo binario, non in questo universo". Ma poi si potrebbe speculare, logicamente: "Forse però è avvenuta in un altro binario, o in molti altri. Forse si è verificata esattamente come predetto nel Nuovo Testamento, durante la vita di coloro vissuti allora, nell'età apostolica". Questa ipotesi mi piace, la trovo affascinante. Che idea per un romanzo, un modo in cui la Parousia ha avuto luogo, diciamo, verso il 70 d.C., o durante il Medioevo - per esempio al tempo della crociata contro i Catari...Che bella idea per un romanzo, su un mondo alternativo! Il protagonista è trasportato in qualche modo da questo notro univrso in cui la Seconda Venuta non ha ancora avuto luogo in unaltro universo in cui essa è avvenuta secoli fa. 




3 - continua                                                        
                                    

Philip K. Dick - Se questo mondo vi sembra spietato,
dovreste vedere cosa sono gli altri - Edizioni e/o - 
Piccola biblioteca morale - 1996


venerdì 8 marzo 2019

Philip K. Dick... 2 di 13


Se questo mondo vi sembra
spietato, dovreste vedere
cosa sono gli altri



Apprezzo moltissimo che mi abbiate chiesto di condividere con voi alcune delle mie idee. Un ro-
manziere porta costantemente con sé ciò che la maggior parte delle donne porta nella borsetta:
molta roba inutile, pochi oggetti assolutamente essenziali e, per ogni evenienza, un gran
numero di cose che stanno a metà strada. Ma il romanziere non porta con sé tutto questo fisi-
camente, perché l'oggetto del suo possesso è mentale. Di tanto in tanto aggiunge una nuova
idea completamente inutile; di tanto in tanto, con riluttanza, elimina la spazzatura - cioè le
idee chiaramente prive di valore - e se ne libera con qualche lacrima sentimentale. Una volta
ogni tantissimo, però, gli capita di imbattersi casualmente in un'idea per lui davvero sorpren-
dentemente nuova, che egli spera sia nuova anche per gli altri. E' questa categoria finale che
dà dignità alla sua esistenza. Di queste idee senza prezzo, nel corso dell'intera vita, egli può
al massimo acquisirne un piccolo numero. Ma è sufficiente; grazie a loro, il romanziere ha
giustificato la sua esistenza a se stesso a al suo Dio. Una caratteristica strana e inquietante
di queste idee rare e straordinarie è la loro falsa veste - diciamo così - di ovvietà. Una volta
che l'idea è emersa o apparsa o nata - comunque avvenga che le nuove idee arrivino a esi-
stere - il romanziere si dice: "Ma naturalmente, perché non me ne sono accorto anni fa?".
Notate l'espressione "non me ne sono accorto". E' un'espressione chiave. Egli si è imbattu-
to in qualcosa di nuovo, ma che nello stesso tempo, da qualche parte, è sempre esistito e,
in verità, è semplicemente emerso, ma c'è sempre stato. Il romanziere non l'ha inventato
e neppure scoperto. In un senso molto concreto, ne è stato scoperto. Non l'ha inventato,
ma ne è stato inventato - e la cosa è abbastanza inquietante, se ci pensiamo. E come se 
l'idea l'avesse creato per i suoi scopi. Credo che questa sia la ragione per cui noi riscon-
triamo un fenomeno sorprendente e molto noto, e cioè che molto spesso nella storia una 
grande idea nuova colpisce parecchi ricercatori o pensatori esattamente nello stesso momen-
to, benché ciascuno di essi ignori i propri colleghi. "Era giunto il suo momento", diciamo
dell'idea, e così trascuriamo, come se l'avessimo spiegato, qualcosa che considero molto
importante: la nostra ammissione che in un certo senso le idee sono letteralmente vive. 
Che cosa significa che un'idea o un pensiero sono letteralmente vivi? E che si impongono
agli uomini qua e là e li usano per prendere corpo nel corso della storia umana?
Forse i filosofi presocratici avevano ragione: il cosmo è una vasta entità pensante. Può
darsi anzi che esso non faccia nient'altro che pensare. In questo caso, o ciò che noi chiamiamo
l'universo è semplicemente la forma o la maschera che questa entità prende, o in 
qualche modo essa coincide con l'universo - la mia variante preferita di questa visione
panteistica è che quest'entità imita abilmente il mondo di cui abbiamo quotidianamente
esperienza, senza per questo diventare più saggi. Questa è la concezione della più antica
religione dell'India e in una certa misura era la concezione di Spinoza e di Alfred North
Whitehead: l'idea di un Dio immanente, un Dio nell'universo, non trascendente e perciò
al di fuori di esso. Viene qui a proposito il detto sufista: "L'artigiano è invisibile nell'opera",
intendendo con "opera" l'universo e con "artigiano" Dio. Ma questo esprime ancora la
nozione teistica secondo cui l'universo è qualcosa che Dio ha creato; mentre io dico che
forse Dio non ha creato niente, semplicemente è. E noi passiamo la vita in lui o in lei con-
tinuando a domandarci dove lo o la si possa trovare. Mi sono divertito a riflettere su questi
argomenti per parecchi anni. Dio è a portata di mano come la spazzatura nel bidone, Dio
è la spazzatura nel bidone, per essere più precisi. Ma un giorno mi venne una cattiva idea -
- cattiva perché mise in crisi il meraviglioso monismo panteistico di cui andavo tanto fiero.
E se esistesse una pluralità di universi - e qui capirete da dove tira fuori le sue trame questo
scrittore di fantascienza - e se esistesse una pluralità di universi disposti lungo una sorta di
asse laterale, cioè ad angolo retto rispetto allo scorrere del tempo lineare? Devo ammette-
re che, riflettendo, scoprii di aver messo in piedi una spaventosa assurdità: diecimila corpi
di Dio disposti come abiti appesi in un enorme armadio, con Dio che li indossa tutti insieme
o passa a suo piacere dall'uno all'altro dicendo: "Credo che oggi indosserò quello in cui la
Germania e l Giappone hanno vinto la seconda guerra mondiale" e poi aggiungendo tra se
e sé: " Domani indosserò quello in cui Napoleone sconfisse gli inglesi; è uno dei mi-
gliori che ho". Questo appare certamente assurdo e sembra rivelare che l'idea di fondo è 
priva di senso. Ma immaginiamo di riformulare questo "armadio pieno di abiti diversi"
dicendo: "E se Dio provasse un abito e poi, per ragioni note a lui solo, decidesse di cam-
biare? decidesse cioè, per restare all'interno della metafora, che l'abito che indossa non
è quello che vuole?". Nel qual caso il suddetto armadio pieno di abiti diventerebbe una
sorta di progressiva sequenza di mondi, presi, utilizzati per un certo tempo e poi scartati
a favore di un mondo migliore. A questo punto potremmo chiederci: "Come si sentirebbe
l'abito improvvisamente dismesso - cioè l'universo abbandonato? Che cosa proverebbe?
E, cosa per noi ancor più importante, che cambiamenti subirebbero, se mai ne subissero,
le forme di vita di quell'universo?". Ho il sospetto che in realtà avvenga proprio questo;
e ho inoltre l'impressione che l'infinito numero di forme di vita coinvolte penserebbero -
sbagliando - che non sia successo nulla, che non sia cambiato nulla. Esse, in quanto ele-
menti di un nuovo abito, penserebbero erroneamente di essere sempre state indossate
- di essere state ciò che sono ora, con ricordi completi che proverebbero la correttezza
delle loro impressioni soggettive. Noi siamo abituati a supporre che tutti i cambiamenti si
verifichino lungo l'asse del tempo lineare: dal passato al presente al futuro. Il presente è
una conseguenza del passato e ne è diverso. Il futuro sarà una conseguenza del presente e
sarà diverso a sua volta. Che possa esistere un asse del tempo ortogonale, o ad angolo retto,
uno spazio laterale in cui avviene il cambiamento - verificandosi i processi, per così dire,
a latere rispetto alla realtà - questo è quasi impossibile da immaginare. In che modo perce-
piremo questi cambiamenti laterali? A quali indizi - se cercassimo di verificare questa
bizzarra teoria - dovremmo prestare attenzione? In altre parole, come è possibile che si
verifichino dei cambiamenti al di fuori del tempo lineare tout court, in ogni senso, in
qualunque misura? Ebbene, consideriamo uno dei temi favoriti dei pensatori cristiani:
il tema dell'eternità. Questa idea, storicamente parlando, fu una delle grandi novità portate
nel mondo dal cristianesimo. Noi siamo abbastanza sicuri che l'eternità esiste - che il termine
"eternità" si riferisca a qualcosa di reale, al contrario, per esempio, del termine "angelo".
L'eternità è semplicemente uno stato in cui si è liberi dal tempo, in un certo senso al di fuori
e al di sopra di esso. Non c'è passato, presente o futuro; c'è solo il puro essere ontologico.
Il termine "eternità" non indica solo un periodo di tempo molto lungo; essa è essenzialmente
atemporale. Ebbene, permettetemi di formulare la seguente domanda: "In essa - cioè, al di
fuori del tempo - hanno luogo dei cambiamenti?". Se voi rispondete: "Sì, l'eternità non è
statica; avvengono delle cose", io sorrido subito con  superiorità e vi dimostro che avete
reinserito di nuovo il tempo. Il concetto di tempo non fa che indicare - o piuttosto presup-
porre - una situazione in cui si verificano dei cambiamenti. Niente tempo, niente cambiamenti.
L'èternità è statica. Ma se è statica, non ha neanche dimensioni; è piuttosto come i punti geo-
metrici che si trovano in numero infinito lungo qualsiasi linea data. Considerando la mia 
teoria dei cambiamenti laterali o ortogonali mi difendo dicendo: "Perlomeno è meno assurda
sul piano intellettuale del concetto di eternità". E tutti parlano dell'eternità, a proposito e a
sproposito. Permettetemi di sottoporvi un'altra metafora. Immaginiamo che vi sia un ricchis-
simo mecenate. Ogni giorno, nel suo salotto, i suoi servi appendono sopra al caminetto un
nuovo quadro - ogni giorno un capolavoro diverso, giorno dopo giorno, mese dopo mese -
ogni giorno il quadro vecchio è tolto e rimpiazzato con uno nuovo e diverso. Chiamerò questo
procedimento cambiamento lungo l'asse lineare. Ma immaginiamo che i servi si trovino tem-
poraneamente a corto di nuovi quadri. Che cosa faranno nel frattempo? Non possono sem-
plicemente lasciare lì quello già appeso; il loro padrone ha stabilito che il rimpiazzamento -
cioè il cambio di quadro - debba aver luogo senza interruzioni. Essi dunque non lasciano al
suo posto il quadro attuale, né lo sostituiscono con uno nuovo. Fanno invece una cosa molto
intelligente: mentre il loro padrone non guarda, alterano abilmente il quadro già appeso.
Disegnano un albero quì, una bambina lì, aggiungono questo, tolgono quello; rendono lo
stesso quadro diverso e in un certo senso nuovo, ma, come ben capite, non nuovo nel senso
che lo rimpiazzano. Il padrone entra in salotto dopo cena, si siede di fronte al caminetto e
contempla quello che dovrebbe essere - secondo le sue attese - un nuovo quadro. Che cosa
vede? certo non è ciò che ha visto in precedenza. Ma non è neanche... e qui dobbiamo entrare
in sintonia con quest'uomo un po' stupido, in modo da riuscire a capire come lavorano  suoi
circuiti cerebrali nel tentativo di comprendere. I suoi circuiti cerebrali dicono: "Sì, è un
quadro nuovo, non è lo stesso di ieri, ma nello stesso tempo lo è, mi pare, credo di intuire...
sento che in qualche modo l'ho già visto. Però mi sembra di ricordare un albero, e qui non c'è
nessun albero". Ora, se estrapoliamo dalla confusione mentale e percettiva di quest'uomo il 
discorso teorico che facevo sul cambiamento laterale, potete probabilmente farvi un'idea
più precisa di ciò che intendo dire; insomma, almeno in una certa misura, potete vedere che, 
anche se probabilmente ciò di cui sto parlando non esiste - si tratta di un'ipotesi romanzesca
 -  potrebbe esistere. Non è contraddittorio sul piano intellettuale.

                                                                                                                      2 - continua

Philip K. Dick - Se questo mondo vi sembra spietato,
dovreste vedere cosa sono gli altri - Edizioni e/o - 
Piccola biblioteca morale - 1996

mercoledì 6 marzo 2019

Philip K. Dick... 1 di 13


Philip K. Dick


Se questo mondo
vi sembra spietato,
dovreste vedere
cosa sono gli altri.

Introduzione di Stefano Benni

Traduzione dall'inglese di
Alberto Cristofori


Introduzione

Quando anni fa proposi a due editori di sottrarre qualche libro di Dick alla pur meritoria
giurisdizione delle pubblicazioni di fantascienza, ebbi identiche reazioni. Risposero che era
un autore molto interessante, ma cosa era? Una forma di vita letteraria sconosciuta sul
nostro pianeta? Uno scrittore di fantascienza per casi clinici? Un mistico medioevale cali-
forniano? La sua unicità non venne riconosciuta come un pregio, ma come un ostacolo a
future classificazioni, comprensione e fortune editoriali. Ora Dick sta moltiplicando i suoi
lettori italiani; ma mi sembra che abbia dovuto comunque pagare un doppio prezzo per la
sua originalità. All'inizio ha pagato la misteriosa facilità con cui alcuni scrittori "fantastici"
riescono a parlare dei loro tempi con maggior passione e precisione rispetto i loro colleghi
"realisti". Questo per la cronica ignoranza e il sospetto che i "grandi" editori e critici
italiani mostrano verso libri ricchi di invenzione e ironia, perché queste doti abitano le 
culture critiche e curiose, non la nostra, pigra e terrorizzata dal nuovo.
Philip Dick, grazie alla sua fantasia cronistica, fu l'anticipatore di tutti i temi del moderno
incubo americano, e non solo americano: il mutamento cellulare del rapporto 
uomo-macchina e la nascita di sentimenti reciproci, la proliferazione di universi paralleli
nati dalla tecnologia e dalle nuove creature medianiche, la mutazione e riproducibilità
di ogni organo, di ogni corpo e forse di ogni esperienza, lo spaventoso e affascinante
aprirsi di corridoi tra realtà e irrealtà. Troppe cose da studiare, per i mostri giurati a vita.
Meglio importare i più rassicuranti problemi di ricchi rampolli un po' strippati di coca
e polpettoni fanta-lussuoso-politici.
Quando Dick è arrivato, con la sua "altra" America, ha dovuto subire una piccola
lobotomia. Il tema delle mille realtà compresenti, che Dick gioca profondamente tra
angoscia e ricerca di verità, è stato talvolta presentato come una sua abilità nel fondere
linguaggi e immagini esteticamente eccitanti e compatibili, come vorrebbe la nuova 
etica televisiva del frammento, il "siamo disorientati e belli". Lo scandalo di Dick,
come scrivono De Turris e Fusco nell'introduzione all'Uomo variabile, consiste proprio
nella confusione, nella simpatia tra uomo e androide, tra sano e drogato, tra vivo e morto.
Da una parte lo spettatore smaliziato, animale urbano che sa sopravvivere nello sfacelo
e goderne sottilmente turbato le scenografie. Dall'altra parte androidi belli, drogati-clown,
morti da effetti speciali. Dick arriva al grande pubblico e al sospetto interesse dei
"grandi" editori attraverso Blade Runner, film figurativamente splendido e ben
sostenuto dall'idea centrale del replicante, ma assai diverso dal libro. Gli androidi di
Dick sono carogne, non angeli muscolosi e terribili che citano il Bateau Ivre, Rachel non
ha lo splendore da aerografo giapponese di Sean Young, è un androide infelice che
vuole sedurre per vincere, ed esistere. E alla fine Deckard non fuggirà con lei, nel
finale imposto dai produttori, verso un'improbabile Svizzera, ma compagni del suo
futuro saranno un rospo sintetico e la moglie ritrovata.
E' bene dunque che si legga di più Dick ma è bene rispettare la sua unicità. Che non è
quella di un giocoliere tossico dei linguaggi della fantascienza, non il dubbio di
scegliere tra un falso e vero Schwarzenegger, non l'apocalisse con le luci giuste.
E' una scena oscura, il percorso angosciato, segnato da molte cadute, di uno scrittore
che entrò nel futuro americano dal buco temporale degli anni '60, e ne descrisse tutta
la violenza, dando alcune ingenue e geniali istruzioni di fuga. Non inventò figurine
per un'estetica del simulacro, ma un modo unico di usare la fantasia su uno scenario
nuovo, quello della tecnologia e della scienza, rilanciando la sfida della scrittura.
Possiamo amare Blade Runner, ma Dick è qualcosa di più, e non gli si può togliere
questo qualcosa. Anche se ci costerà un piccolo sforzo supplementare di attenzione
verso la sua opera.
      
                                                                                                Stefano Benni

(apparso su "Linea d'ombra" del gennaio 1992)



Nota sul testo e sull'Autore

Il testo di Dick che segue è un compendio della sua ultima filosofia della vita e della
letteratura, ai margini del teorico-quasi teologico e del fantastico, dell'esperienza
psichica tra "salute" e "malattia". Un documento, oltre che della tensione creativa
di Dick, di un attraversamento del tutto insolito della letteratura.
Se questo mondo vi sembra spietato... è noto anche come The Metz Speech, poiché è
stato letto dall'autore - in forma ridotta per ragioni di tempo - al secondo festival
internazionale di fantascienza di Metz il 24 settembre 1977. L'attore John Dowie
ne ha fatto nel 1990 un'interpretazione teatrale. La possibilità di pubblicarlo nella
versione integrale ci è stata offerta da Paul Williams, editor della "Philip K. Dick
Society Newsletter", dove è apparso nell'agosto 1977. Ringraziamo The Estate of
Philip K. Dick e Paul Williams per la loro cortesia. 


Philip K. Dick (Chicago 1928-Fullerton, California 1982) è uno dei grandi scrittori
della fantascienza, autore di opere di coraggiosa visionarietà e acre pessimismo sulla
alienata natura umana di oggi e di domani: Il mondo che Jones creò (1956), La
svastica sul sole (1963), I giocatori di Titano (1963), I simulacri (1964), Le tre stigmate
di Palmer Eldritch (1964), Il cacciatore di androidi (1968), Ubik, mio signore (1969) e 
tanti racconti. Ha cultori innumerevoli e meritati, anche se non tra gli intellettuali
di professione. 


                                                     1 - continua        

sabato 2 marzo 2019

OGGI... Sabato 2 marzo



2019 - AUGURI ITALIA                                   



Uno spermatozoo ingrandito 30.000 volte.



Il destino di queste piccole bestioline che ripugnerebbe vedere galleggiare nella minestra ci lascia come sognanti. Come dimostra questo documento, tutti gli uomini, all'origine, nascono uguali e assomiglianti: essi hanno una grossa testa e una lunga coda, come unica preoccupazione quella di evitare che la coda non si impiglia nella porta d'un preservativo. Dopo, sfortunatamente, le cose cambiano e le inegualità appaiono. 
Se la bestiolina si mette una tiara sulla testa, diventa papa. Se mette un cappello, con visiera e greca, diventa GENERALE. Se mette un berretto qualsiasi, diventa un proletario qualsiasi. Se si mette una bombetta e un sigaro in bocca, diventa un capitalista. Se si mette un casco con visiera di plastica, diventa un POLIZIOTTO, eccetera eccetera.
Quindi, perchè gli uomini siano tutti uguali, è sufficiente impedire alle nostre piccole bestioline d'entrare nella bottega d'un cappellaio.