All'angolo della via
Capii
tutto, comunque, un paio di sere dopo. Ero ancora in zona, da solo:
verso le undici, il minacciato rientro di certi genitori mi aveva
costretto a lasciare in anticipo una casa in cui avevo sperato di
trattenermi più a lungo. Comunque, era abbastanza tardi perché il
locale di via Frapolli fosse in piena attività e avevo ceduto alla
tentazione di farci una scappata. Tre ore dopo, ero ancora lì. I
canterini erano in gran forma, e in un raro stato d’animo tra il
melanconico e il nazional-popolare. Avevano cantato Porta
Romana
in versione carceraria e La
povera Rosetta e
persino Varda Giulay,
che era, anche allora, un pezzo di repertorio assai raro. A un certo
punto, ridacchiando tra loro, quasi con imbarazzo, avevano intonato,
a un ritmo volutamente troppo lento, una canzone in voga in quegli
anni, Il cielo in una
stanza, esagerandone
gli effetti patetici in una specie di affettuosa caricatura.
Io
sedevo da un lato, e, insieme alla musica, ascoltavo oziosamente le
chiacchiere degli altri avventori. E’ sempre stato un mio difetto:
quando vicino a me è in corso una qualche conversazione, anche a
voce non particolarmente alta, tendo indiscreto l’orecchio. Due o
tre uomini, al banco, parlavano di cani. A quanto mi pareva di
capire, il cane da caccia di uno era sparito dal giardinetto dove
dormiva di solito, e, per combinazione, la moglie di un altro non
riusciva a darsi pace da quando non trovava più una cagnetta cui
teneva molto. Anzi, la signora sapeva di altre sparizioni di cani ai
danni di famiglie del vicinato. Sembrava una specie di epidemia.
Stavo riflettendo sulla stranezza del fenomeno, quando mi resi conto
che anche al tavolino accanto al mio stavano parlando di cani, in
una lingua straniera. Erano i tipi in nero di due giorni prima:
sedevano tranquilli davanti a tre bicchierini pieni a metà di vino
rosso (porto, probabilmente, o qualcosa del genere) e conversavano
fra loro con l’indifferenza di chi sa che difficilmente gli
estranei capiranno qualcosa. Parlavano ungherese, uno strano
ungherese dall’accento esotico, ma pronunciato con tanta esattezza
parola per parola che persino io potevo capirlo senza troppe
difficoltà. In realtà, mi resi conto, li stavo ascoltando
inconsciamente da un po’. Uno, il più autorevole, quello seduto
nell’angolo, aveva detto con voce irritata:” Insomma, tre
tentativi falliti in meno di una settimana. Chi credi d’essere: un
attore del cinema? Non possiamo farci scoprire, lo sai!” E un altro
aveva risposto imbarazzato qualcosa come:” Scusatemi, Signore. Non
ne potevo più di cani…” Era seguito un momento di silenzio. Poi,
il primo aveva risposto in tono riflessivo:” Sì, tutti questi cani
hanno disgustato anche me. Il sangue somiglia, ma …Dovremmo
organizzarci, in qualche modo”, e il terzo a questo punto, aveva
fatto un cenno con la mano, come a invitare gli altri ad abbassare la
voce. Tacquero e si guardarono intorno. Quello nell’angolo mi diede
una lunga occhiata, come chiedendosi se avevo capito qualcosa. Poi
disse che s’era fatto tardi, si alzò, e si diresse con i suoi
compagni alla porta.
Prima
di uscire si voltò un'altra volta verso di me.
Beh,
questo è tutto. Capiì subito che non avrei mai potuto avere
certezza di quanto avevo supposto. Potevano essere tre immigrati stabiliti
nel quartiere chissà da quanto, dal ’56, forse, e la loro
conversazione poteva riferirsi a chissà cosa. Forse erano
semplicemente ladri di cani (se esiste una tale categoria criminale).
Ma quel che è certo è che quella notte non mi avventurai ad uscire
in strada prima dell’alba, che per fortuna – eravamo in giugno e
nessuno parlava ancora di ora legale – non tardò molto.
Allora
capitava molto più spesso di oggi di far tardi, anche in un locale
modesto come quello.
Che
devo dire? Da allora, quel quartiere, che m’era tanto piaciuto, per
me non fu più lo stesso. Poco per volta, smisi di frequentarlo. Gli
amici mi presero in giro per anni, quando presi l’abitudine di
portare una piccola croce d’argento appuntata al bavero della
giacca, nonostante le mie tendenze ideologiche. Poi ci si abituarono,
come a tante altre bizzarie.
...continua...