FRANK STELLA 1936- 2024
Frank Stella mi aveva impressionato per il suo mo-
do di affrontare il lavoro: ogni giorno lavorava otto,
dieci ore, con un senso di disciplina che rasentava l'os-
sessione, l'ossessione fisica del fare il quadro. Le enor-
mi tele, a V o a doppia V, erano prima disegnate con
estrema esattezza, lasciando una traccia di matita tra
una banda e l'altra, che avrebbe riempito poi di colore:
ma nel percorrere col pennello la banda da colorare
non doveva mai toccare la riga segnata con la matita.
Stella non ricorreva allo scotch per coprire e salvaguar-
dare la linea, sicché dipingere era un lavoro sempre
identico, con lo stesso anonimato e la stessa mancan-
za di partecipazione degli operai che ripetono per l'in-
tera loro giornata lo stesso gesto.Per ottenere una cer-
ta lucentezza metallica dell'acrilico, la cui resa di solito
è opaca, Stella passava più e più mani ogni volta, e il
gesto, di per sé monotono, diventava ossessivo perché
richiedeva un'esattezza d'esecuzione sempre identica.
Mi pare che in tutto questo si deva vedere un tentativo
di recuperare l'esperienza della condizione della quasi
totalità degli uomini: tanto più stupefacente perché di
solito si pensa al lavoro del pittore come a qualcosa di
estremamente libero, al limite del gioco. Quando si in-
contrava Stella fra la gente, per strada, nella periferia
dove aveva lo studio, poteva essere scambiato per un
operaio, senza la pretesa di isolarsi come avviene di so-
lito negli artisti, che tendono ad assumere atteggiamen-
ti e apparenze di diversificazione da tutti gli altri.
Fotografia UGO MULAS