All'angolo della via
La
vicenda dei presunti vampiri di viale Argonne è stata riferita a suo
tempo dalla stampa cittadina, ma in modo,diciamo pure, insoddisfacente.
Era inevitabile: verso la metà degli anni’60, la cronaca era
considerata un genere giornalistico in cui una certa
routine
era, non che ammessa, desiderata, specie nei mesi estivi. La storia
di uno o più sconosciuti che, all’imbrunire, avevano aggredito,
nel corso di poche settimane,due o tre signore che rincasavano sole,
cercando goffamente i morderle sul collo, per dileguarsi alla loro
decisa reazione, era una tipica storia da cronaca estiva, nel senso
che non avrebbe avuto alcuna possibilità di essere pubblicata in un
‘altra stagione. Come tale, infatti, era stata trattata: un po’
di blanda ironia, un minimo di colore, la menzione del successo, di
pochi anni prima, dei film con Christopher Lee e il suggerimento che
protagonisti degli strani episodi fossero degli psicopatici esaltati
dalla visione dei medesimi. Di
fatto, entro il mese la pubblica sicurezza mise le mani, dopo le
opportune indagini, su un balordo locale, tale Pompeo (la stampa non
riferì il cognome), che al titolo di psicopatico aveva ampiamente
diritto, e gli contestò tutte le aggressioni. Lui ammise di
frequentare, a volte, il vicino cinema Susa, e non negò di
apprezzare il genere horror, ma respinse con ostinazione ogni
addebito vampiresco. Non gli cedettero, e lo spedirono senza indugi
al neurodeliri. Ne uscì poche mesi dopo. Poi, a quanto ne so, di lui
si persero le tracce. Vuole
il caso che allora, pur abitando in tutt’altro quartiere,
frequentasse con una certa regolarità la zona di viale Argonne.
Avevo, di fatto, una fidanzata in via Amadeo; anzi, per una
concatenazione d’eventi estranea (o quasi) alla mia volontà, ne
avevo un’altra in via Sismondi, e mi capitava spesso di
accompagnare l’una o l’altra a passeggio sotto i platani del
viale, in un paesaggio urbano piacevolissimo in quelle tarde sere di
giugno. Una
volta mentre ero con l’una, mi capitò persino di imbattermi
nell’altra, che si intratteneva su una panchina con un amico
comune, il che, a rigore, non avrebbe dovuto fare (perlomeno, avrebbe
preferito farlo senza che lo si risapesse, perché l’amico era
legato sentimentalmente a una cugina di lei, con cui entrambe le
ragazze erano in una certa intimità) e la situazione s’era
rivelata imbarazzantissima. Con l’eccezione della mia
accompagnatrice, tutti noi altri tre eravamo stati sorpresi in
qualche modo in fallo, e anche lei era turbata, pensando alla cugina
dell’amica e chiedendosi se fosse o meno il caso di metterla al
corrente dell’infedeltà del partner. Lo avrebbe fatto, in
definitiva, provocando qualche passeggera burrasca sentimentale.
Erano
sciocchezze, ma l’età e la cultura corrente ci rendevano sensibili
a questi problemi. I cantanti di successo ne trattavano in versi e in
musica e anche i romanzieri importanti, pur elaborando situazioni più
osé della nostra, vi erano affezionati. L’episodio, in pratica,
non ebbe seguito, ma valse a rendermi molto cauto e attento ogni
volta che percorrevo, solo o accompagnato, quel tratto di strada.
Ora,
come tutti sanno, per raggiungere viale Argonne da via Sismondi, il
miglior partito da prendere è quello di imboccare via Frapolli e
piegare per via Sighele, a meno che da via Frapolli non si preferisca
sboccare direttamente in largo Porto di classe, da dove, per Piazza
Fusina e via Aselli, si può proseguire comodo mante per via Amadeo.
Erano, allora, vie tranquille e piacevoli, fiancheggiate da edifici
dignitosi e vecchiotti, con pochissimo traffico e una certa polverosa
tranquillità: a me piacevano moltissimo. L’ora migliore,
naturalmente, era quella del tramonto estivo, quando l’occhio si
perdeva da un lato lungo la prospettiva, vagamente parigina, degli
alberi che correvano verso piazzale Susa (ma alle ragazze dicevo che
ricordava un po’ l’ensache di Barcellona: faceva più effetto) e,
dall’altro, si fermava con soddisfazione sulla mole torreggiante
della chiesa dei santi Nereo e Achilleo. I pregi di quell’edificio
neo-romanico non sono un gran che, ma a osservarlo nel giusto stato
d’animo faceva il suo effetto, specie se attorno al torrione
circolare si librava il canonico volo di rondini.
...continua...
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