domenica 27 gennaio 2019

P. Steinberg.................


...............27 gennaio            




Una mattina, dopo il risveglio, ispeziono la fila di cuccette di cui sono responsabile per assicurarmi che i letti siano stati fatti, e mi trovo faccia a faccia con un vecchio che è rimasto a letto, nella cuccetta di mezzo. E' un ebreo polacco alla fine del percorso, di quelli che, come si dice nel linguaggio del campo, stanno per eingehen. Un termine che in tedesco si usa per le piante morenti. Gli dico di scendere subito e di farsi il letto. Il vecchio mi guarda e borbotta qualcosa in yiddish, mi sembra di cogliere un atteggiamento di sfida. Furioso, alzo di riflesso la mano per schiaffeggiarlo. All'ultimo momento mi trattengo e la mia mana gli sfiora solo la guancia. I n quella frazione di secondo intravedo l'abisso.................... Io rimasi di pietra. Poi mi allontanai, e quella scena, banale nella vita quotidiana di un campo della morte, mi ha tormentato per tutta la vita. Il contagio aveva compiuto la sua opera e io non ero sfuggito alla regola. In quel mondo di violenza, avevo compiuto un gesto di violenza, dimostrando in tal modo che vi avevo preso il posto che mi spettava. Il vecchio ebreo polacco deve esser morto nei giorni successivi e da allora lo porto in me come un embrione. Il ricordo del mio gesto non smette di tormentarmi. Rimane una delle piaghe abiette e difficili a rimarginarsi, che mi accompagneranno dovunque. Ho schiaffeggiato il vecchio ebreo polacco. I khmer rossi hanno massacrato i propri fratelli e le proprie sorelle. Dei soldati di leva hanno compiuto torture in Algeria. Gli Hutu hanno passato i Tutsi al machete. E in questo concerto, io ho eseguito la mia parte.


da  "Un altro mondo"

Paul Steinberg 1926 - 1999  ebreo parigino, internato prima ad Auschwitz dal 1943 al gennaio del 45, poi a Buchenwald fino alla liberazione.

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