lunedì 23 gennaio 2023

MICHELE SARFATTI... MARX 1938




Anche quei Marx facevano paura al fascismo     

Italia 1938, così uscì nei cinema e fu precipitosamente ritirato "Una notte all'opera": storie di censura e odio antisemita contro i geniali comici americani.


E' una storia vera, ma sembra un film  e potrebbe essere intitolato La guerra lampo contro 
i fratelli Marx. Cinquantaquattro anni or sono, per l'appunto sul finire di ottobre, i fratelli Marx furono i protagonisti a loro insaputa, di un film girato proprio qui in Italia. Quella che
segue è una sintesi della sceneggiatura, rimasta fino a oggi inedita e custodita dall'Archivio
centrale dello Stato. "La guida espertissima del regista Sam Wood sfruttando le capacità
sceniche e l'inesauribile personalissima vis comica delle tre maschere ha realizzato lo
spettacolissimo dell'allegria che farà di Groucho, Chico e Harpo Marx i veri dominatori
della moderna cinematografia comica". Così si chiudeva una gioiosa pubblicità de Una
notte all'Opera, uscita sul "Corriere adriatico" del 25 ottobre 1938 in occasione della 
proiezione del film nel cinema Teatro Vittorio Emanuele di Ancona. Ma in quei i "veri
dominatori" dell'Italia, del cinema e della cinematografia erano ben altri. E' così in un'altra
pagina di quel giornale un combattivo rappresentante del fascismo da poco ufficialmente
antisemita e delle forze della depressione dava il via ad una guerra lampo contro i fratelli
Marx destinata a concludersi con la sconfitta dello "spettacolissimo dell'allegria" e dei più
elementari sentimenti umani. Scriveva dunque quel 25 ottobre un non meglio identificato
"K.41": una notte all'Opera è un "film giudaico e per di più brutto". Esso è "prodotto dai
giudei Samuele Goldwyn e Luigi B. Mayer. è diretto dal giudeo Samuele Wood, e inter-
pretato dai tre fratelli giudei Marx. Questi tre ultimi maiali sono quelli stessi che nei circhi
equestri e nei palcoscenici americani accaparrano il dileggio sull'Italia e sul Fascismo"
L'articolista suinomane e depressore non faceva alcun cenno all'imminente proiezione
del film in Ancona e se la prendeva con quella in corso a Roma, protestando perché la Commissione della Censura Cinematografica (con tre maiuscole) l'aveva consentita.
Concludeva chiedendosi "se per caso, tra questi signori della Censura, non si nasconda
qualche Samuele o filo-Samuele sapientemente camuffato" La prosa è ributtante, ma 
tutt'altro che inusuale all'epoca. Va detto che la pubblicità del film aveva la forma di un
normale articolo. E così la contradditoria accoppiata dei due articoli ad una pagina di 
distanza finì per costituire un'eccellente gag, degna forse di figurare negli stessi film dei
Marx. E non pochi sfottò dovettero piovere sul capo del repressore K.41. Tanto che questi
il giorno dopo - siamo così al 26 - tornò sulla questione precisando che "il corsivo rispec-
chiava e rispecchia l'opinione del nostro giornale" mentre l'altro scritto era "un'inserzione
pubblicitaria che noi purtroppo non possiamo esimerci dal pubblicare, essendo le pubbli-
cità del giornale appaltata". Ricordava poi che appena sei giorni prima il "Corriere adria-
tico" aveva pubblicato un duro pezzo contro gli attori americani impegnati nella soli-
darietà alla Spagna antifranchista. Corsivo che conteneva un bello (il giudizio è mio)
elenco aperto per l'appunto dai fratelli Marx e ricco della presenza di Buster Keaton, 
Erroll Flynn, Clark Gable e altri. Concludendo K.41 scriveva: "Non ci resta dunque che
darci appuntamento al cinema per fischiare solennemente questi sporchi pagliacci".
Con questo progetto dal sapore antico - la scoperta di un potentissimo cattivissimo nemico
interno fu allo stesso tempo frutto e causa di un ritorno alle origini squadriste o perlomeno
a una militanza attiva - il fascista antisemita e repressore del "Corriere adriatico" terminò
il suo ruolo. Il comando della guerra lampo venne prontamente preso da tale Marcellini,
alto funzionario (nientepopodimeno) della prefettura di Ancona. Questi, letto il giornale,
all'ora di pranzo di quel 26 ottobre decise di telegrafare al ministero della Cultura popolare
e, per conoscenza , alla Direzione generale della Pubblica sicurezza del ministero dell'in-
terno (perbacco l'affare si faceva grosso). Riepilogati gli avvenimenti e mostrata la propria
diligenza (tramite la citazione del numero e della data del nulla osta concesso al film), Mar-
cellini assicurava di "aver disposto opportuno servizio di vigilanza) nel cinema e pregava "telegrafarmi urgenza se eventualmente per detto film sia intervenuta revoca autoriz-
zazione". Quest'ultima preghiera fuoriusciva nettamente dall'ambito della diligenza e si
caratterizzava a tutto tondo come un vero e proprio programma di azione. E' una perfetta
esemplificazione di come in quei tempi, al contrario di quanto alcuni oggi preferiscono
affermare, centinaia di funzionari statali animati da sacro zelo on solo applicarono dili-
gentemente quanto ordinato da Mussolini e dai vari gerarchi, ma fecero giungere a Roma
infiniti suggerimenti operativi, innumerevoli proposte di indurimento persecutorio. Tale
fu ed è il significato di quell''eventualmente. Nel  pomeriggio del 26 l'eventualmente
cominciò a fare il giro delle scrivanie del Minculpop e ben presto fu portato su quella 
del ministro in persona, Dino Alfieri, perfetto ufficiale dell'esercito fascista antisemita
e repressore. Dapprima probabilmente egli fece un balzo sulla sedia (quando mai spettava
alla provincia insegnare a Roma il da farsi!), subito però si ricompose e concentrò la sua
attenzione su come eventualizzare quell'eventualmente. Ci pensò un po' (non molto, ma
più di ventiquattro ore), si pentì di non di non aver ancora emanato un provvedimento
generale di espulsione degli ebrei dallo spettacolo, si consultò con l'ufficio addetto alla
censura e la mattina del 28 ottobre, distogliendosi dalle fondamentali celebrazioni della
marcia su Roma, telegrafò a tutti i prefetti e alla Ps la soluzione della questione: Una
notte all'Opera "est richiamato in appello, Proiezione detto film è per conseguenza 
vietata fine a nuovo ordine". Con ciò fascismo, antisemitismo e repressione avevano
vinto la loro guerra lampo contro i fratelli Marx. E la popolazione anconetana? Essa esce
da questa vicenda con dignità: nei due giorni di proiezione si recò al Vittorio Emanuele
in quantità tale da non consentire di definire deserta la sala, gustò il film e non raccolse
l'invito fischiaiolo di K.41. Questo perlomeno e ciò che si deduce da quanto afferma e da
quanto tace la relazione inviata (nientepopodimeno) dal prefetto in persona La Via ai due
ministeri interessati ("... non si sono avuti a deplorare incidenti di sorta, né alcuna manife-
stazione ostile o a favore). Sulla copia della relazione pervenuta al ministero dell'Interno
venne apposto nientepopodimeno che il timbro "Visto da S.E. il Capo della polizia", tutte 
le carte vennero poi archiviate e lo Stato fascista, antisemita e repressore passò ad arianiz-
zare un altro comparto della società


Michele Sarfatti - L'Unità - 24/ottobre/1994 




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