martedì 28 novembre 2023

ELISABETH ASBRINK... GENOCIDIO



                                                                                                      - GENOCIDIO -


Il giurista specializzato in diritto internazionale Raphael Lemkin viveva in esilio, in fuga dai nazisti della Polonia. Rifletté sul crimine senza nome. Decise di dargliene uno.

Per Lemkin, l'idea che l'Occidente abbia lasciato che gli stermini accadessero senza una sola parola di protesta diventa una malattia. In questo modo le vittime vengono uccise una seconda volta - e non solo loro, anche la verità. Qualcuno lo chiama pazzo. Già, è il mondo a farlo impazzire. Ma ormai non ha più alcuna importanza. Niente ha importanza, né l'economia, né l'onore, né i beni materiali, né una bella vita, tutto diventa cenere, stupidaggini, quisquilie. Chi può lamentarsi della malattia, dell'insonnia, degli incubi, chi può affermare che la canicola estiva di New York è insopportabile quando non esiste calore paragonabile a quello dei forni di Dachau e Auschwitz? Non potendosi permettere di consultare un medico, si fa la diagnosi da solo: genocidite. Malato di genocidio.

....il 29 di settembre ha inizio il più grande processo per omicidio del secolo. Il ventisettenne procuratore capo Benjamin Ferencz tiene il suo discorso di apertura in quello che diventa il nono processo di Norimberga, quello contro le Einsatzgruppen, e menziona il concetto di genocidio, anche se dal punto di vista giuridico il termine ancora non esiste. L'ho fatto per simpatia di quel uomo, avrebbe detto in seguito, per rispetto nei riguardi di quel anima in pena mossa dal bene che si chiamava Raphael Lemkin.

E' facile commettere un genocidio, constata Raphael Lemkin, perché nessuno vuole credere che possa accadere fin quando non è troppo tardi. Là fuori il mondo ripete: "Mai più" Ma Lemkin conosce la storia del genocidio, sa che la logica invece dice: "La prossima volta" E' successo, quindi può succedere ancora.


Elisabeth Asbrink  da "1947"
Iperborea edizioni - 2018


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