venerdì 8 marzo 2019

Philip K. Dick... 2 di 13


Se questo mondo vi sembra
spietato, dovreste vedere
cosa sono gli altri



Apprezzo moltissimo che mi abbiate chiesto di condividere con voi alcune delle mie idee. Un ro-
manziere porta costantemente con sé ciò che la maggior parte delle donne porta nella borsetta:
molta roba inutile, pochi oggetti assolutamente essenziali e, per ogni evenienza, un gran
numero di cose che stanno a metà strada. Ma il romanziere non porta con sé tutto questo fisi-
camente, perché l'oggetto del suo possesso è mentale. Di tanto in tanto aggiunge una nuova
idea completamente inutile; di tanto in tanto, con riluttanza, elimina la spazzatura - cioè le
idee chiaramente prive di valore - e se ne libera con qualche lacrima sentimentale. Una volta
ogni tantissimo, però, gli capita di imbattersi casualmente in un'idea per lui davvero sorpren-
dentemente nuova, che egli spera sia nuova anche per gli altri. E' questa categoria finale che
dà dignità alla sua esistenza. Di queste idee senza prezzo, nel corso dell'intera vita, egli può
al massimo acquisirne un piccolo numero. Ma è sufficiente; grazie a loro, il romanziere ha
giustificato la sua esistenza a se stesso a al suo Dio. Una caratteristica strana e inquietante
di queste idee rare e straordinarie è la loro falsa veste - diciamo così - di ovvietà. Una volta
che l'idea è emersa o apparsa o nata - comunque avvenga che le nuove idee arrivino a esi-
stere - il romanziere si dice: "Ma naturalmente, perché non me ne sono accorto anni fa?".
Notate l'espressione "non me ne sono accorto". E' un'espressione chiave. Egli si è imbattu-
to in qualcosa di nuovo, ma che nello stesso tempo, da qualche parte, è sempre esistito e,
in verità, è semplicemente emerso, ma c'è sempre stato. Il romanziere non l'ha inventato
e neppure scoperto. In un senso molto concreto, ne è stato scoperto. Non l'ha inventato,
ma ne è stato inventato - e la cosa è abbastanza inquietante, se ci pensiamo. E come se 
l'idea l'avesse creato per i suoi scopi. Credo che questa sia la ragione per cui noi riscon-
triamo un fenomeno sorprendente e molto noto, e cioè che molto spesso nella storia una 
grande idea nuova colpisce parecchi ricercatori o pensatori esattamente nello stesso momen-
to, benché ciascuno di essi ignori i propri colleghi. "Era giunto il suo momento", diciamo
dell'idea, e così trascuriamo, come se l'avessimo spiegato, qualcosa che considero molto
importante: la nostra ammissione che in un certo senso le idee sono letteralmente vive. 
Che cosa significa che un'idea o un pensiero sono letteralmente vivi? E che si impongono
agli uomini qua e là e li usano per prendere corpo nel corso della storia umana?
Forse i filosofi presocratici avevano ragione: il cosmo è una vasta entità pensante. Può
darsi anzi che esso non faccia nient'altro che pensare. In questo caso, o ciò che noi chiamiamo
l'universo è semplicemente la forma o la maschera che questa entità prende, o in 
qualche modo essa coincide con l'universo - la mia variante preferita di questa visione
panteistica è che quest'entità imita abilmente il mondo di cui abbiamo quotidianamente
esperienza, senza per questo diventare più saggi. Questa è la concezione della più antica
religione dell'India e in una certa misura era la concezione di Spinoza e di Alfred North
Whitehead: l'idea di un Dio immanente, un Dio nell'universo, non trascendente e perciò
al di fuori di esso. Viene qui a proposito il detto sufista: "L'artigiano è invisibile nell'opera",
intendendo con "opera" l'universo e con "artigiano" Dio. Ma questo esprime ancora la
nozione teistica secondo cui l'universo è qualcosa che Dio ha creato; mentre io dico che
forse Dio non ha creato niente, semplicemente è. E noi passiamo la vita in lui o in lei con-
tinuando a domandarci dove lo o la si possa trovare. Mi sono divertito a riflettere su questi
argomenti per parecchi anni. Dio è a portata di mano come la spazzatura nel bidone, Dio
è la spazzatura nel bidone, per essere più precisi. Ma un giorno mi venne una cattiva idea -
- cattiva perché mise in crisi il meraviglioso monismo panteistico di cui andavo tanto fiero.
E se esistesse una pluralità di universi - e qui capirete da dove tira fuori le sue trame questo
scrittore di fantascienza - e se esistesse una pluralità di universi disposti lungo una sorta di
asse laterale, cioè ad angolo retto rispetto allo scorrere del tempo lineare? Devo ammette-
re che, riflettendo, scoprii di aver messo in piedi una spaventosa assurdità: diecimila corpi
di Dio disposti come abiti appesi in un enorme armadio, con Dio che li indossa tutti insieme
o passa a suo piacere dall'uno all'altro dicendo: "Credo che oggi indosserò quello in cui la
Germania e l Giappone hanno vinto la seconda guerra mondiale" e poi aggiungendo tra se
e sé: " Domani indosserò quello in cui Napoleone sconfisse gli inglesi; è uno dei mi-
gliori che ho". Questo appare certamente assurdo e sembra rivelare che l'idea di fondo è 
priva di senso. Ma immaginiamo di riformulare questo "armadio pieno di abiti diversi"
dicendo: "E se Dio provasse un abito e poi, per ragioni note a lui solo, decidesse di cam-
biare? decidesse cioè, per restare all'interno della metafora, che l'abito che indossa non
è quello che vuole?". Nel qual caso il suddetto armadio pieno di abiti diventerebbe una
sorta di progressiva sequenza di mondi, presi, utilizzati per un certo tempo e poi scartati
a favore di un mondo migliore. A questo punto potremmo chiederci: "Come si sentirebbe
l'abito improvvisamente dismesso - cioè l'universo abbandonato? Che cosa proverebbe?
E, cosa per noi ancor più importante, che cambiamenti subirebbero, se mai ne subissero,
le forme di vita di quell'universo?". Ho il sospetto che in realtà avvenga proprio questo;
e ho inoltre l'impressione che l'infinito numero di forme di vita coinvolte penserebbero -
sbagliando - che non sia successo nulla, che non sia cambiato nulla. Esse, in quanto ele-
menti di un nuovo abito, penserebbero erroneamente di essere sempre state indossate
- di essere state ciò che sono ora, con ricordi completi che proverebbero la correttezza
delle loro impressioni soggettive. Noi siamo abituati a supporre che tutti i cambiamenti si
verifichino lungo l'asse del tempo lineare: dal passato al presente al futuro. Il presente è
una conseguenza del passato e ne è diverso. Il futuro sarà una conseguenza del presente e
sarà diverso a sua volta. Che possa esistere un asse del tempo ortogonale, o ad angolo retto,
uno spazio laterale in cui avviene il cambiamento - verificandosi i processi, per così dire,
a latere rispetto alla realtà - questo è quasi impossibile da immaginare. In che modo perce-
piremo questi cambiamenti laterali? A quali indizi - se cercassimo di verificare questa
bizzarra teoria - dovremmo prestare attenzione? In altre parole, come è possibile che si
verifichino dei cambiamenti al di fuori del tempo lineare tout court, in ogni senso, in
qualunque misura? Ebbene, consideriamo uno dei temi favoriti dei pensatori cristiani:
il tema dell'eternità. Questa idea, storicamente parlando, fu una delle grandi novità portate
nel mondo dal cristianesimo. Noi siamo abbastanza sicuri che l'eternità esiste - che il termine
"eternità" si riferisca a qualcosa di reale, al contrario, per esempio, del termine "angelo".
L'eternità è semplicemente uno stato in cui si è liberi dal tempo, in un certo senso al di fuori
e al di sopra di esso. Non c'è passato, presente o futuro; c'è solo il puro essere ontologico.
Il termine "eternità" non indica solo un periodo di tempo molto lungo; essa è essenzialmente
atemporale. Ebbene, permettetemi di formulare la seguente domanda: "In essa - cioè, al di
fuori del tempo - hanno luogo dei cambiamenti?". Se voi rispondete: "Sì, l'eternità non è
statica; avvengono delle cose", io sorrido subito con  superiorità e vi dimostro che avete
reinserito di nuovo il tempo. Il concetto di tempo non fa che indicare - o piuttosto presup-
porre - una situazione in cui si verificano dei cambiamenti. Niente tempo, niente cambiamenti.
L'èternità è statica. Ma se è statica, non ha neanche dimensioni; è piuttosto come i punti geo-
metrici che si trovano in numero infinito lungo qualsiasi linea data. Considerando la mia 
teoria dei cambiamenti laterali o ortogonali mi difendo dicendo: "Perlomeno è meno assurda
sul piano intellettuale del concetto di eternità". E tutti parlano dell'eternità, a proposito e a
sproposito. Permettetemi di sottoporvi un'altra metafora. Immaginiamo che vi sia un ricchis-
simo mecenate. Ogni giorno, nel suo salotto, i suoi servi appendono sopra al caminetto un
nuovo quadro - ogni giorno un capolavoro diverso, giorno dopo giorno, mese dopo mese -
ogni giorno il quadro vecchio è tolto e rimpiazzato con uno nuovo e diverso. Chiamerò questo
procedimento cambiamento lungo l'asse lineare. Ma immaginiamo che i servi si trovino tem-
poraneamente a corto di nuovi quadri. Che cosa faranno nel frattempo? Non possono sem-
plicemente lasciare lì quello già appeso; il loro padrone ha stabilito che il rimpiazzamento -
cioè il cambio di quadro - debba aver luogo senza interruzioni. Essi dunque non lasciano al
suo posto il quadro attuale, né lo sostituiscono con uno nuovo. Fanno invece una cosa molto
intelligente: mentre il loro padrone non guarda, alterano abilmente il quadro già appeso.
Disegnano un albero quì, una bambina lì, aggiungono questo, tolgono quello; rendono lo
stesso quadro diverso e in un certo senso nuovo, ma, come ben capite, non nuovo nel senso
che lo rimpiazzano. Il padrone entra in salotto dopo cena, si siede di fronte al caminetto e
contempla quello che dovrebbe essere - secondo le sue attese - un nuovo quadro. Che cosa
vede? certo non è ciò che ha visto in precedenza. Ma non è neanche... e qui dobbiamo entrare
in sintonia con quest'uomo un po' stupido, in modo da riuscire a capire come lavorano  suoi
circuiti cerebrali nel tentativo di comprendere. I suoi circuiti cerebrali dicono: "Sì, è un
quadro nuovo, non è lo stesso di ieri, ma nello stesso tempo lo è, mi pare, credo di intuire...
sento che in qualche modo l'ho già visto. Però mi sembra di ricordare un albero, e qui non c'è
nessun albero". Ora, se estrapoliamo dalla confusione mentale e percettiva di quest'uomo il 
discorso teorico che facevo sul cambiamento laterale, potete probabilmente farvi un'idea
più precisa di ciò che intendo dire; insomma, almeno in una certa misura, potete vedere che, 
anche se probabilmente ciò di cui sto parlando non esiste - si tratta di un'ipotesi romanzesca
 -  potrebbe esistere. Non è contraddittorio sul piano intellettuale.

                                                                                                                      2 - continua

Philip K. Dick - Se questo mondo vi sembra spietato,
dovreste vedere cosa sono gli altri - Edizioni e/o - 
Piccola biblioteca morale - 1996

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